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martedì 2 agosto 2011

PostHeaderIcon Recensione: Black Friars–L’ordine della Chiave

black friars2Titolo: Black Friars – L’ordine della Chiave.

Autrice: Virginia de Winter.

Editore: Fazi.

Collana: Lain.

Pagine: 454

Prezzo: € 18, 00

Trama: Axel Vandemberg, giovane crede al trono del regno più importante del Vecchio Continente, farebbe qualsiasi cosa per amore, anche picchiare uno dei suoi migliori amici. Imprigionato nel carcere degli studenti per una rissa, il suo unico, struggente pensiero è dedicato a Eloise Weiss, la ragazza cui ha consacrato la vita fin dall'infanzia. Axel non sa che il suo mondo sta per essere sconvolto dal fatale incontro con Belladore de Lanchale, una cortigiana dal fascino oscuro che ben presto imprigiona il ragazzo in una trama fitta di bugie e ricatti. Mentre Axel lotta contro la seduzione del male, la città pare farsi specchio dei suoi tormenti, trasformandosi in uno scenario di efferati delitti. Protetto dalla notte, tra i vicoli non ancora illuminati dalla luce a gas di una città ammantata di atmosfere gotiche, un assassino inafferrabile uccide giovani umane e bellissime vampire. Unica traccia utile alla Magistratura incaricata delle indagini è il macabro e accurato gioco dell'omicida, che ricompone i corpi delle vittime ispirandosi a celebri fiabe: Raperonzolo strangolata dalle sue lunghe trecce, la Bella Addormentata dilaniata dal morso del principe. Biancaneve avvelenata dalla mela...

L’autrice: Virginia de Winter – Apprezzata autrice di fan-fiction, nota in rete come Savannah, vive a Roma con sua sorella e una violetta africana, che si dice sopravviva ancora nonostante le sue cure.

Cela la sua vera identità con grande attenzione, ma se la cercate bene la troverete nascosta tra le borse di un negozio vintage o persa tra le pagine di un libro in una grande libreria della Capitale. L’ordine della Chiave è il prequel della saga iniziata con Black Friars. L’ordine della Spada (Lain, Fazi Editore, 2010.)

Sto parlando seriamente. Sono rimasto più che deluso da questo romanzo, l’ho agognato per quest’anno che è passato, aspettandomi un’altra dose di poesia stavolta ben congegnata che lasciasse aperti varchi di chiarezza verso la storia, ma che serbasse quella magia che mi aveva fatto emozionare nell’Ordine della Spada. Quei momenti trattati con maestria e con eleganza, che sebbene non tutti potessero apprezzare spargevano una poesia originale, di un effetto emotivo e sia fonetico che si riverberava bene all’orecchio. Ammetto che nell’Ordine della Spada tale ricchezza di stile a volte fosse davvero troppa anche in punti poco poetici, ma c’erano squarci d’immagini, ricordi che alla penna di Virginia rimanevano fulgidi nella mente del lettore. L’Ordine della Spada, romanzo d’esordio dell’autrice italiana, era diventato il tormentone dell’estate, e visto la fantasia e la costruzione delle metafore, delle descrizioni, la finezza con cui sbozzava e affilava in maniera delicata e gentile la statua in estati di Axel ed Eloise rendeva chiaro il successo. Tra l’altro, il precedente romanzo che per inciso è il sequel dell’Ordine della Chiave, ma è stato scritto prima per chi non lo sapesse, presentava ottimi personaggi, dialoghi e scenette che con una punta di sarcasmo donavano personalità ad ogni singolo scholares. Naturalmente sono derivate tantissime critiche dove si enunciava che lo stile dell’autrice fosse fin troppo barocco per i decerebrati cervelli della nuova generazione, ma anche che a volte fosse ripetitivo e confuso, il che era verissimo e nonblack friars ordine della spada lain mi azzardo a metterlo in dubbio.
Questo romanzo in confronto, presenta pochi pregi, quali la chiarezza e aver trovato il mio personaggio preferito – eh, sì, mi resterà per sempre nel cuore, le due stelline sono tutte per lui.
Le vicende, narrate per portare chiarezza sull’intreccio della relazione tra i due protagonisti del romanzo successivo – Axel ed Eloise, si svolgono cinque anni prima dell’Ordine della Spada. Già in esso venivano accennati brevi sprazzi d’infanzia con una punta favoleggiante e sognante, tanto che ancora ricordo certi passaggi. In questo romanzo ritroviamo quindi quasi tutti i personaggi a cui eravamo abituati, soltanto che mi è sorto in dubbio poiché tali scholares sembrano maturati, si ha il lampante esempio di Axel che prende una figura molto più decisa e coraggiosa rispetto al romanzo “precedente”, e ciò mi è sembrato davvero inverosimile. Le brevi comparse di Eloise, all’inizio del romanzo e alla fine, la presentano come un’adolescente tormentata e innamorata, e tutto ciò è verosimile.
È anche vero che il romanzo, a detta dell’autrice, è circa duecento pagina in anticipo rispetto all’altro. E che per questo gli inforigurgiti sono nettamente dimezzati, anche se ci sono lo stesso, e talvolta rallentano fatalmente la lettura quando quelle informazioni potrebbero essere tranquillamente sciorinate in un dialogo sarcastico tra scholares, come credo l’autrice abbia capacità. Quattrocentocinquanta pagine di romanzo per una storia così possono anche andare bene se non sospettassi che è stato tranciata molto più di qualcosa. Ci sono scoperte, luoghi a cui Axel giunge improvvisamente senza che ci viene data una dovuta spiegazione, e così cambia la scena in luoghi lontani dalle posizioni precedenti, situazioni che non si capiscono poiché solo Axel capì. Mi sono ritrovato a credere di essermi perso qualche parte importante e ho riletto attentamente le pagine che precedevano quelle conseguenze, ma niente. Forse ho bisogno, sì molto probabilmente, di essere illuminato. Soltanto, sospetto, o sono quasi certo che tali pagine di svolgimento della storia, importantissime per la comprensione completa dell’inganno, siano state recise in fase di editing. Ciò mi fa molto arrabbiare quando vedo che certe pagine di dialogo e azzuffate insensate sono rimaste lì forse a far prendere respiro alla storia(?).
Ci ritroviamo nella Vecchia Capitale del Vecchio Continente. Cotale Vecchia Capitale vede dislocati nove regni sparsi un po’ dovunque, fortunatamente la cartina ha dato quella chiarezza necessaria ma al contempo mi sono ritrovato a storcere il naso sulle distanze tra un regno e l’altro che in questo romanzo sembrano alquanto variabili. Un appunto in fatto di geografia, ecco, l’autrice poteva sforzarsi di dare un nome al fiume che traversa la Capitale invece di chiamarlo perennemente lungofiume che, a mio dire, pare un po’ ridicolo e poco serio.
La trama si articola in tre parti, e stavolta sono stati risparmiati i titoli dei capitoli in latino (amen!), attraverso una serie di omicidi che sconvolgono il Vecchio Continente e sembrano crudelmente ispirati alle fiabe. Si può constatare da ragazze e redivive trovate morte per via di una mela avvelenata, riverse accanto a un barile di piselli rovesciato per terra o impiccate dalle loro trecce in chiesa. Sinceramente, tutto ciò non mi ha colpito perché sembrano inseriti soltanto per dare un po’ di ritmo alla trama, ma passano del tutto sotto banco tanto che alla fine il colpevole si sa dalla prima pagina, anche perché se non fosse così il colpevole non sarebbe mai rivelato. Intarsiati allo svolgimento della storia ci vengono narrati sprazzi di storia del Vecchio Continente e di cultura generale.
E qui è come trafiggere l’originalità.
Poiché, se nell’Ordine della Spada ero rimasto non poco perplesso dall’ordine dei Gesuiti, da preti, statue di Madonne, l’uso del latino e feste popolari qui abbiamo pure gli spagnoli.
Siccome molto di ciò che dico può essere messo in dubbio, ve lo mostro.

«No, señor Rafel, si tratta di uno di noi». [...]
«Piedro», lo apostrofò Rafael [...]
«Señor Rafael» [...]
Dialoghi tratti da pagina 421.

A tal punto mi è lecito pensare che la governante di Rafael Valance sia filippina.
Finalmente, mi sento in dovere di parlarvi dello stile. Ecco, spero di non soffermarmi molto su questo punto. Lo stile è stato decisamente sfoltito rispetto al primo romanzo, la poesia e le metafore e gli accostamenti sono stati crudelmente abbandonati in favore di similitudini come bianca/fredda come la neve, rossa come il sangue e tante altre che sembrano essere prese all’hard discount®. A mio parere manca di emozione. Anche nelle parti più cruciali dove ti aspetti qualche briciola di teaser black friars 4animo, voglia nel narrare la storia, tutto manca. Manca il cuore del romanzo che è stato mangiato molto probabilmente dai tempi ristretti di scrittura che impongono le case editrici. Perché secondo me un romanzo è qualcosa che va meditato, qualcosa che si scrive con l’ispirazione, selezionando e amalgamando, tagliando e inserendo, sostituendo parti scadenti in favore di altre migliori e così via. E sinceramente buttare giù una storia di 450 pagine in un periodo piuttosto breve come questi, mi sembra un po’ azzardato.
Tra l’altro, il romanzo ha delle parti casuali, colpi di scena detti in maniera piatta, e infine la rivelazione finale è un totale fallimento.
Mettiamo in confronto le due parti, vi prego. E poi concludo.

(Siamo nella chiesa di Santa Julianne di Bellier ad Aldenor ed è già un mistero il come Axel vi sia arrivato).
«Quindi, quando mi avete rivelato il vostro nome, in realtà mentivate?». [Axel]
«No», [Belladore] scosse il capo con grazia estrema e i suoi capelli ondeggiarono con dolcezza, catturando la luce delle fiammelle.
«Il Principato di Lanchale è talmente antico che nessuno ne serba più memoria, quindi è normale che per voi non significhi nulla. Belladore è il nome d’arte. Ma il mio vero nome ve l’ho detto, quindi almeno in questo non accusatemi di aver mentito». [Belladore], Un sorriso tenero e divertito le giocò nello sguardo.
«Violette Valerie Duplessis. Alise, se preferite.» [Belladore]
Pagina 432.

Dopo lo spoiler finale torniamo indietro di qualche pagina. Coraggio.

In uno dei palchi più lussuosi teneva corte la cerchia di Palazzo Belmont. Le cortigiane di Belladore sembravano aver armonizzato i colori per mettere in risalto il bianco perfetto di cui vestiva la loro signora.
Belladore sedeva accanto alla balaustra, leggermente in disparte rispetto agli altri. Era velata e aveva le mani intrecciate in grembo, immote e perfette. I suoi capelli, lo sguardo che gli lanciò, erano scuri come il peccato.
«Temo di non capire», disse lui indurendo appena il tono di voce, il cuore che batte in modo sgradevole.
Seduta insieme alle altre dame, Alise Duplessis gli rivolse un sorriso radioso e accennò un saluto con la mano. Elenoire Sinclair invece gli lanciò un’occhiata fredda […].
Pagina 269.


Mi sento, leggermente, preso in giro. Da qui, molte pagine prima, si enuncia che le due siano persone diverse. Sia perché vengono nominate tutt’e due in due momenti diversi, sia perché Belladore è leggermente in disparte rispetto agli altri mentre Alise è seduta insieme alle altre dame.
Quindi Belladore non è Alise. E non mi dite che era una delle solite bambole o un’illusione perché non me la bevo!
Io non sono un lettore attento, ne tantomeno uno cretino. Le pagine sembrano incresparsi per la vergogna.
E non capisco come tutto ciò possa essere sfuggito a Virginia, che l’ha scritto, e in primis a un editor. Specialmente si tratta della Fazi, una della case editrici tra le più grandi in Italia, che stimo sempre e ancora adesso. Ma mi spiace affermare che l’incongruenza rimane una svista imperdonabile per la pubblicazione di un romanzo. E come ancora nessuno se ne sia potuto accorgere rimane un mistero.
Detto questo l’unico pregio è il personaggio di Damian Assange a cui varrebbero tutte e cinque le stelline, ma purtroppo il romanzo resta a terra e non si eleva nemmeno minimamente alle due stelle che sono esclusivamente per quel redivivo dalla personalità divertente, sarcastica e originale. Credo che ci siano personaggi di carta che riescano per sempre a imbrogliarsi ai margini del cuore, come un normale amore, ma che non svanirà mai perché puoi sempre ritornare indietro a rileggerne le pagine e a farti strappare un brivido, emozionarti coi loro gesti che sembrano ardere di vita propria.

* * *

Il bazar delle cover

Apro un piccolo angolo per le cover, qualche riga dedicata per futile approfondimento

A me non piace la copertina. La ragazza, per quanto bella possa essere, conserva sulla tiara un risvolto viole luminescente che è inverosimile. Le volte dell’andito, intricate sotto un effetto che le ha stilizzate, quei fini contorni neri sulla coltre oro del soffitto contrastano in maniera orribile col colonnato – arrugginito, macchiato di sangue (?), che sembrano fatti di plastica. Tra l’altro i margini della cappa sono in trasparenza con lo sfondo, e quindi sono come dire… traslucidi e mostrano lastre dell’impiantito, pezzi di volta che continuano su questo fantasma. Ah, la sovraccoperta è quasi extralarge per il formato. Peccato.

E con questo, vi auguro l’incanto del frusciare della carta, dell’inchiostro della decenza di qualche dimenticato libro. Buena suerte!

 

Voto: Due code di stregatto su cinque.

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