Lettori fissi

lunedì 26 luglio 2010

PostHeaderIcon Pausa Estiva

 

Lo so, può sembrare un po’ strano… come, il blog è inaugurato da poco, e già lo mandate in vacanza?

Qui è la vostra cara Zia che vi parla… in effetti sta un po’ male, ma credeteci che con tutto questo caldo anche i tè vengono male. Il Trio è impegnato nei suoi progetti di scrittura personali, che potete sempre leggere e visionare nei blog personali di ognuno di noi, e intanto si gode le vacanze estive, chi al mare, chi in città… chi un po’ qua e là.

Perciò comprendeteci che siamo anche indaffarati, e non c’è molta occasione che il trio, di questi tempi, riesca a riunirsi come una volta a prendere un tè e, perché no, a intavolare decisioni organizzative a proposito del blog.

Penso ci risentiremo a settembre, quando le acque e la calura si saranno messe d’accordo per calmarsi e acquietarsi, a favore del blog e dei tè della zia.

Frattanto… i nostri post resteranno qui, e non escludo che possa esserci qualche sorpresa di tanto in tanto.

Godetevi una foto d’arrivederci e… alla prossima!

Holidays

venerdì 9 luglio 2010

PostHeaderIcon ERAGON: UN CASO EDITORIALE *_*


Recensione di: Chesy

Autore: Christopher Paolini

Titolo: Eragon

Editore: Bur

Prezzo: € 15.00

Pagine: 591

Trama: Quando Eragon trova una liscia pietra blu nella foresta, è convinto che gli sia toccata una grande fortuna: potrà venderla e nutrire la sua famiglia per tutto l'inverno. Ma la pietra in realtà è un uovo. Quando si schiude rivelando il suo straordinario contenuto, un cucciolo di drago, Eragon scopre che gli è toccato in sorte un'eredità antica come l'Impero. Forte di una spada magica e dei consigli di un vecchio cantastorie, dovrà cavarsela in un universo denso di magia, mistero e insidie, imparare a distinguere l'amico dal nemico, dimostrare di essere il degno erede dei Cavalieri dei Draghi

Sicuramente devo cominciare a complimentarmi con Paolini, perché povero ha macinato 600 pagine di sudore. E quindi sette camice, anche di più per la cronaca. Mi devo complimentare perché è molto più bravo di Centi, in confronto a lui Paolini è un genio. Un genio, che pur con i dovuti brevetti, cerca di plagiare trovate del pattume fantasy. Ed infatti cos'è venuto fuori? Un miracolo editoriale, chiamiamolo miracolo. Infatti ho il sospetto che Paolini sia andato alla madonna di Lurdes a pregare: se hanno pubblicato il suo… ehm… come dire… putrido scarto ( ecco ) è un mero e sinceramente di cattivo gusto scherzetto ( o miracolo se preferite. )

Per ora avere il nostro malloppo sulla libreria hanno dovuto UCCIDERE più di un albero. Che spreco della natura ragazzi. E che amarezza verso di essa, soprattutto quando vedo tutte quelle recensioni benevole su sto ergon, o come cavolo si chiami. Ma davvero noi lettori italiani di fantasy siamo così fessi?! Ci vogliono male, davvero. Tanto noi come gli ebri beviamo, davvero tanto e poi… E' un romanzo spettacolare! No, ma per favore davvero di cattivo gusto. Eragon è un complesso di carta strazzulla, con i dovuti diritti alla Strazzu che è una salvatrice, un toccasana nel mondo del fantasy italiano. Tanto, si ostinano a insultare pure lei, che i suoi libri in confronto a questo sono dei colossi d'oro zecchino.

Allora, adesso mi chiedo cosa sia Eragon… mmm, vediamo: La copertina ce l'ha, e pure brutta come la valle, le pagine ci sono, anche assai ( poveri alberi… sigh ) , dentro c'è scritto qualcosa ( meglio non sapere cosa ) ma da qui a definirlo romanzo ci vuole coraggio. Figuriamoci a dire: È IL MIO PREFERITO!!! W PAOLINI, SEI UN GENIO ( si, del nuovo modo per abbattere alberi : scrivere ) . Se fra qualche anno la foresta amazzonica scomparirà è per colpa sua. Alla fine del romanzo ero leggermente irritato, non parliamo del mentre.

Allora…

C'era una volta un quindicenne innamorato che guardando il tramonto, come un nullafacente, pensava alla sua principessa. Allora che fece, mentre le montagne del Montana gli si paravano davanti alte e maestose e innevate, vide una nuvola che attraversava il cielo. "Sembra un drago!" Esclamò. Prese il computer e scrisse una sorta di 300 pg su word tutte in un oretta, nemmeno lo rilesse. Appena la madre tornò spalancando la porta, ahimè dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro, Christopher gli mostrò il lavoretto. La mamma con gli occhi che luccicavano per lo stupore gridò raggiante e febbricitante, saltellando e muovendo le braccia a mo' di oca, si percorse tutta la casa. E disse:

«Mio figlio ha scritto un libro!!!»

Allora la
loro casa editrice, la Paolini , decise di pubblicarlo come proprio orgoglio. Come una spilla d'argento da portare come distintivo, dicendo fieri che presto sarebbero diventati famosi. Ma il libro venne dimenticato e giacque per molto tempo nelle sperdute librerie del Montana fino a quando….

Penso che sappiate la storia, anche perché mi scoccia raccontarla.

Devo proprio?

Tirando le somme Paolini è diventato famoso, si è fatto tutto il mondo. Poi però ha deciso di allentare la pubblicazione e adesso alcuni aspettano il quarto libro. Altra trovata commerciale per vendere.

Davvero non mi sento di continuare la saga. Quindi è ora di dare uno sguardo al libro… look



Prologo

LO SPETTRO DELLA PAURA.

E che paura, la mente di paolini fruga nel buio, brancola, rantola. E alla fine ne esce fuori un vero e proprio mostro, guardate O.O



Qua abbiamo il nostro spettro. Forse non si vede ma gli occhi sono rossi come braci incandescenti.

" Uno spettro, alto e flessuoso, alzò la testa per fiutare l'aria; aveva sembianze umane, ma i suoi capelli erano cremisi e gli occhi rossi come braci incandescenti"

Pagina 7.

Vorrei aggiungere che fiutava col suo grosso naso ^^. Paolini si accinge quindi a descrivere, in poche righe, mentre brancola nel più tetro buio della notte. Riesce a vedere uno spettro, e quindi è in quel modo là sopra. Decide che, però, i clown assassini sono più terrificanti. Quindi gli fa una liposuzione, toglie la ciccia, e sono alti e flessuosi, ondeggiano al vento come bandiere, e tutto il resto. Ma non solo, Paolini non ha alcuno spunto di originalità, quindi scade nel suo cliché davvero banale: gli occhi rossi come braci incandescenti"

E come poteva essere sennò, tanto cosa mica potremmo aspettarci da un quindicenne infatuato e baldanzoso.



Poi sinceramente provo pena per Paolini, ma di più per Eragon, guardate qua che combina.



"Il suo oggetto preferito era una radice intricata: non si stancava mai di guardarla."

Pg 28.

Da qui si evince che Eragon è un erborista, o almeno è il suo sogno nel cassetto. Per carità, i gusti son gusti, ma il fatto che il giovane passa il tempo a rimirare la radice mi pare un po' come dire… anormale. Forse l'ha scambiata per la principessa?

Prima di passare avanti facciamo un break, dicendo che le 600 pagine sono dovute anche a nomi e frasi del tutto incognite, e a dir poco impronunciabili.

Il ragazzo utilizza frasi ( tedesche e finlandesi, mescolate tra loro ) dalle assonanze raffinate che in confronto al suo stile sono nulli:


L'ANTICA LINGUA
Nota: Poiché Eragon non è ancora esperto dell'antica lingua, le sue parole e i suoi commenti non sono stati tradotti letteralmente, per risparmiare ai lettori la sua atroce grammatica. Tuttavia le citazioni di altri personaggi sono state lasciate intatte.
Ai varden abr du Shur'tugals gata vanta: Un Guardiano dei Cavalieri chiede passaggio.
Aiedail: la Stella del Mattino  
Arget: argento
Argetlam: Mano d'Argento
Atra giilai un ilian tauthr ono un atra ono waìse skòlir fra i rauthr: Che la fortuna e la felicità ti assistano e che tu possa essere protetta dalla sventura.
Bòetq istalri!: Incendio, divampa!
Breoal: famiglia: casa
Brisingr: fuoco
Deloi moi!: Terra, cambia!
Delois: una pianta a foglie verdi e infiorescenze purpuree
Domia abr Wyrda: Dominio del Fato (libro)
Dras: città
Draumr kòpa: Rifletti l'immagine.
Du grind huildr!: Cancello, fermati!
"Du Silbena Datia": "Le Nebbie Sospiranti" (un canto poetico)
Du Sùndavar Freohr: La Morte delle Ombre
Du Vrangr Gata: Il Tortuoso Cammino
Du Weldenvarden: La Foresta dei Guardiani
Edoc'sil: inespugnabile
Eitha: vai: parti
Eka al fricai un Shur'tugal!: Sono un Cavaliere e un amico!
Ethgrì: invoca
Fethrblaka, eka weohnata néiat haina ono. Blaka eom iet lam: Uccello, non ti farò del male. Vola sulla mia mano.
Garjzla: luce
Gath un reisa du rakr!: Compatta e solleva la nebbia!
Gedwéy ignasia: palmo luccicante
Gèuloth du knìfr!: Smussa la lama!
Helgrind: i Cancelli della Morte
Iet: mio (informale)
Jierda: spezza: colpisci
Jierda theirra kalfis!: Spezzagli gli stinchi!
Martin! Wyrda! Hugin!: Memoria! Fato! Pensiero!
Moi stenr!: Pietra, cambia!
Nagz reisa!: Coperta, sollevati!
Osthato Chetowa: il Saggio Dolente
Pòmnuria: mio (formale)
Ristvak'baen: il Luogo del Dolore (ben usato qui e in Urù'baen, la capitale dell'Impero è sempre un'espressione che indica tristezza, sofferenza)
Seithr: strega
Shur'tugal: Cavaliere dei Draghi
Skulblaka, eka celòba ono un mulabra ono un onr Shur'tugal né haina. Atra nosu waise fricai: Drago, ti rendo onore e non intendo fare del male né a te né al tuo Cavaliere. Ti chiedo amicizia.
Slytha: dormi
Stenr reisa!: Pietra, sollevati!
Thrysta: spingi: comprimi
Thrysta deloi: Comprimi la terra.
Thverr stenr un atra eka hórna!: Attraversa la pietra e
fammi sentire!
Togira Ikonoka: lo Storpio Che è Sano
Tuatha du orothrim: la Temperanza dello Sventato (uno dei livelli di addestramento dei Cavalieri)
Varden: guardiani
Vóndr: un ramoscello dritto e sottile
Waise heill!: Guarisci!
Wiol pòmnuria ilian: Per la mia felicità.
Wyrda: fato: destino
Yawé: pegno di fiducia

LA LINGUA DEI NANI

Akh Guntéreaz dorzàda!: Per amor di Guntéra!
Àz knurl deimi lanok: Attenzione, la roccia cambia.
Barzul: maledizione, sventura
Carkna bragha!: Grave pericolo!
Dùrgrimst: clan (letteralmente il nostro casato, la nostra dimora)
Egraz Carn: uomo calvo
Farthen Dùr: Nostro Padre
Hìrna: statua; effigie
Hf carnz orodiim: È il fato, l'obbligo di ciascuno
Ingietum: metallurgici; fabbri
Isidar Mithrim: Zaffiro Stellato
Knurl: pietra; roccia
Knurla: nano (letteralmente, uomo di pietra)
Kóstha-mérna: Pie di Monte (un lago)
Oei: sì; affermativo
Otho:fede
Sheilven: codardi
Tronjheim: Elmo dei Giganti
Voi Turin: la Scala Infinita

LA LINGUA DEGLI URGALI

Drajl: larve
Ithro Zhàda (Orthiad): la Rovina dei Ribelli
Kaz jtierl trazhid! Otrag bagh: Non attaccate! Circondatelo.
Ushnark: padre

****

Mi sa che Eragon ha preso da Paolini, con la sua atroce grammatica… sigh…

Fine break

****

Paolini possiede, ahimè, un grande dono. Ossia quello dell'essere prolissi, il suo stile farraginoso se la tira lunga per pagine e pagine annacquando il brodo più si quanto già non lo sia. Insomma un vero schifo.

Poi, ritornando ai nomi, vorrei chiedere perché così difficili? Non si capisce che la lettura diviene meno scorrevole, perché o non li leggi e vai avanti, o stai mezz'ora per cercare di imparare lo stretto dialetto del luogo.

Eragon è un Calvario. Quando l'ho letto ho provato per la prima volta la sensazione di essere lapidato, arrotolato fra spilli, rinchiuso in una di quelle tombe per le torture. Soffocato, sotterrato vivo e così via. Fino alla tentazione di suicidarmi in maniera volontaria. D'altronde ammiro chi ne è uscito indenne: ( per privacy non metto il nick )

fantastico.un libro meravigliso e coinvolgente,lo consiglio a tutti
Voto: 5 / 5

Certo! Sgrammaticato come sei te! È normale che lo consigli a tutti, è il minimo che puoi fare. Ma poi dimmi? Tutto questo coinvolgimento dove lo trovi? Sul serio… mi stupisco.



BELLO...ERAGON E SAPHIRA SONO MAGNIFICI INSIEME..
VI CONSIGLIO DI LEGGERLO...!!!


Ti è d'aiuto questo?
No, decisamente.

Ma sul serio, una coppia più mal assortita e sfigata di così poteva mai capitare? Ma del resto è fantasy.
Cioè, un ragazzo che cavalca un drago. Ok, ma poi? Dov'è la difficoltà? L'ha cavalcato senza sella! Ecco. E quindi? Quali sono i danni? Gambe sfregiate dalla cute coriacea della bestia.
Anche la vita di Eragon è un calvario. Peggio di così, nelle mani di un tanto incurante scrittore non poteva capitare. Sul serio. Mi fa pena il ragazzo, stretto fra le ossuta dita di Paolini che si diverte a stilare le sue disavventure sfaldando i fogli virtuali di Word. Insomma, Eragon è lo sfigato di turno, colui che per virtù del fato si ritrova spesso e volentieri ( per bontà dell'autore ) in condizioni estremamente vantaggiose. Come il succitato sfregamento delle cosce
Paolini nonostante tutto non si arrende! Il ragazzo non sa cos'è il dolore, quello vero, quello che sa trasmettere. E risolve tutto con un semplice: piagnucolò. Che è insipido, scialbo, incolore. Una macchia grigia su un posacenere appunto del suo materiale grigiastro. Niente di niente, un inutile calvario ai danni del lettore, un unitile solfa per ragazzi decerebrati.
Di sotto riportato lo scialbo piagnucolio che fa Eragon. Che per carità a un lettore sfuggente potrà sembrare dettagliato, ma è indecente. Privo della qualsiasi sensazione che il ragazzo prova, se né prova naturalmente.
Look =)
"Quando Eragon aprì gli occhi, il ricordo di Garrow lo investì con tutto il suo dolore straziante. Si trasse le coperte sulla testa e pianse in silenzio nel buio tepore. Quanto avrebbe voluto restare così, nascondersi per sempre dal resto del mondo. Le lacrime cessarono di sgorgare. Maledisse Brom. Si asciugò le guance e si alzò a malincuore."

Patetico. Per esempio: Maledisse Brom. Perché maledisse Brom? L'unica risposta che mi vien data è: non sono fatti tuoi. Ok, tutto qua è grigio, scialbo, incolore, insapore eccetera. La tristezza che aleggia vedendo un bambino povero con le lacrime agli occhi è nulla in confronto alla visione del dolore da parte di Paolini. Mi dispiace dirlo, ma Paolini non ha la minima idea di cosa sia il dolore. Non è una cosa bella, certo. Cerco di farvi un esempio: sfogliando l'album di fotografie della nonna vi accorgete che sono tutte in bianco e nero, grigie. Sfogliate l'album di matrimonio della mamma, sono a colori. Ditemi qual è quella che riesce a esprimervi di più la gioia di quel momento? Penso quella a colori, che proprio con le sue tinte riesce a dare una sensazione in più al mondo circostante e all'animo umano.
Scusate, ma vorrei pure spiegato meglio, a parole semplici chiare e lineari, cosa sia il buio tepore. Io, sinceramente, avrei fatto una cosa del genere, che modestia a parte rende molto di più:
"Quando Eragon aprì gli occhi, il ricordo di Garrow lo investì con tutto il suo dolore straziante. Lo zio era morto, doveva farsene una ragione, preda di quella sensazione truce non sarebbe stato più capace di riprendersi. Il vuoto che gli s'era aperto dentro, come un gorgo, lo risucchiava a sé urlandogli che, forse, era colpa sua. E di nuovo quella sensazione di essere l'unico responsabile, l'unico in grado di fermare la morte dell'unico familiare che gli aveva concesso amore, ma che lui aveva riscattato al contrario. Si avviluppò nelle sue coperte e in silenzio pianse, snocciolò tutto il suo rancore, la sua perdita. La sensazione di amaro che solo il lutto sa dare. Che ti pervade la bocca e poi di prende tutto il corpo facendoti tremare. Ti senti scosso da brividi e capisci che ogni attimo, ogni tua azione è indelebile, persino il più misero respiro. Non si può tornare indietro.
Quanto avrebbe voluto restare così. Nascondersi per sempre da un mondo che con i suoi occhi da giudice sembrava incolparlo, per poi fargli scontare una sentenza a vita. Poi, le lacrime cessarono di sgorgare inavvertitamente, e su di esse soltanto i residui salati che gli cospargevano le gote. Maledisse Brom, in fondo era anche colpa sua se Garrow adesso non c'era, ma non sarebbe servito a niente scaricargli tutto il peso a lui. Mise i palmi sulle guance madide e le asciugò. Si alzò dolorante con ancora quella sensazione che gli permeava il corpo, fino a scuotergli profondamente l'anima".

Sicuramente è sempre il solito adolescente deficiente, schiavo di una crisi esistenziale, ma almeno sa esprimersi.

Riguardo alla trama è ripetente. Niente di nuovo, un patchwork del signore degli anelli eccetera. L'eletto col simbolo sul palmo, che guarda caso è lo sfigato di turno, che per caso ha la fortuna di possedere l'ultimo drago in circolo. E vola, verso mille avventure. La cosa che mi da sui nervi è l'andare avanti e indietro per l'impero dal nome impronunciabile così come i suoi luoghi, e sono sicuro che nemmeno un crittografo saprebbe estirparne il bisogno e il vero significato. Cavalli, draghi, spettri, s'inseguono avanti e indietro. Si ritorna in città a città, snervante. Per arrivare poi a civiltà troglodite e superavanzate, abitate come di consueto da nani saggi. Là c'è la dimora dell'elfa che si è inseguita per tutte le seicento pagine, da cui immagino il cerebroleso sia attratto. E poi il gatto mannaro, l'erborista eccentrica, la magia. L'intrinseco significato di ogni parola, la vera favella. Non un cliché che non sia uno, non un qualcosa che non sia copiato da qualche altro grande romanzo degno di questo nome. Insomma € 15, 00 buttati, solo perché ho acquistato l'edizione economica che la Bur spaccia a questo modico prezzo, mentre la Rizzoli ha il coraggio di offrirtela nella sua veste, quella con la sovraccoperta, a € 22, 50. Un vero schifo, provo. Niente che si possa salvare, o quasi. Paolini scrive come un bambino delle elementari, non ci mette passione, nessuna voglia. Soldi sprecati quindi, tempo sprecato. Mi sento un martire.

Consigliato? Assolutamente no. Ma se volete provare per la prima volta la sensazione di essere processati fate pure, nessuno vi obbliga. Penso che ora mi tocchi la redenzione.

VOTO=1/5



lunedì 5 luglio 2010

PostHeaderIcon Chi è chi?

Oggi vorremo proporvi un giochetto, a cui vorrei voi partecipaste. Niente di serio, qualcosa di carino per annoiare il tempo di questo caldo lunedì estivo. Avete mai visto un gatto che suda? Non è un bello spettacolo –.-“

Anyway…. per commento dovete dirci chi è raffigurato in queste immagini?

 

 

Livello 1

62 Chi è? O.o

Livello 2

74

 

Livello 3

6000

 

Livello 4 ( e ultimo! )

 

123

 

Aspettiamo vostre risposte ;)

 

P.S: Troppo facile vero?

venerdì 2 luglio 2010

PostHeaderIcon Recensione: Il Silenzio di Lenth

 







 Autore: Luca Centi

Titolo: Il Silenzio di Lenth

Editore: Piemme (Freeway)

Prezzo: 20,00 €

Pagine: 430




Recensione di: Zia Mad








Un tratto scorre veloce sul foglio, lo attraversa, disegna, naviga. Erra.
La mano afferra la gomma, la passa sul brano sbagliato, ed essa strofina la carta, si sminuzza in brandelli di grafite sporca, rettifica anche un minuto spazio che si poteva salvare.
Un soffio; e quei pezzi di un passato di cui resta solo il solco violento volano, scompaiono, mentre altri ancora si appiccicano alle dita, imperterriti a non completare il viaggio. Sono scomodi, deleteri.
Bene, i residui della gomma sono come “Il silenzio di Lenth”. Pagine squallide, insignificanti, con uno strascico fastidioso in bocca, l’amaro di una lettura persa.
La trama potrebbe anche attrarre, e l’acquisto è garantito dalla bella presentazione che la casa editrice ha fornito al volume che, in sé, non ha poi nulla da offrire. La trama è suddivisa in due parti, la prima ridondante e noiosa, in cui ogni evento accade identico (o con minime sfaccettature di cambiamento) ad ogni personaggio. La cosa forte è che Centi ha avuto il coraggio di descrivere tale evento, più e più volte, per ogni stolto protagonista.
Nella seconda parte gli eventi prendono una piega leggermente diversa, si fanno più movimentati, nonostante la scrittura resti un abbozzo senza successo alcuno. La cosa che più mi ha lasciata scioccata è la gestione delle morti dei personaggi: non siamo nel Mondo Emerso, dove non è ancora stato segnalato un caso di morte per vecchiaia, ci troviamo in un vero e proprio lager nazista pseudo-fantasy. Muoiono come un castello di carte che si sfascia in preda a una tempesta, e la tristezza e il lutto che si pensa li accompagni durante la traversata del Cocito diventano uno strano limbo che dura pochi secondi appena: il vortice degli eventi si dimentica fin troppo presto dei poveri caduti sotto la penna fustigatrice del nostro scrittore.
Una cosa è certa: Luca non diventerà mai un poeta. Testimonianza i versi pietosi della sua profezia, che così recita:
I tre sigilli, come angeli di fuoco violeranno il cielo,
così come le ombre, non più tali, assumeranno differente sostanza.
E arriverà il giorno in cui l’astro adamantino,
per sfuggire al suo tristo fato, porterà a adempimento
delle quattro croci lo stabilito compito.
Solo allora il Succedersi troverà degno epilogo […]
Lo “stabilito compito” è una sferzata in pieno viso, fra versi che non hanno parvenza di assonanze fonetiche e che fuggono dal linguaggio compito e apocalittico che ben si addurrebbe a una rivelazione degna di tale nome. Ah, la profezia è di un certo tizio, Vehrne, nome che ricorda vagamente un parente prossimo del lombrico… verme vi dice qualcosa?
L’argomento estraniante è il pittoresco modo di associarsi alla religione, per me sviluppato in maniera ancora piuttosto immatura per lasciargli sortire il giusto effetto. I sacerdoti paiono tutti degli esaltati, e ogni cosa è fatta in nome di un Dio prettamente antipatico e che verrebbe voglia di sgozzare nel pieno del libro. Peccato che, fra tutte le morti, questa non sia stata ancora contemplata dall’autore. L’eroe eletto, per di più, pare essere diventato il cliché fantasy, che anche qui non viene saltato.
Lo stile è sciatto, semplicistico, ma qui mi vien da spezzare una lancia: è come trovarsi con della pasta in bianco a confronto con il minestrone, perlomeno ci troviamo con un sapore insapore che con un intruglio cattivo da ingurgitare.
Non pretendo che egli acquisisca dello slancio lirico, poiché non sarebbe congeniale ai fini del genere scelto, ma dovrebbe migliorare alcune caratteristiche dello stile per completare gli ambienti e far risaltare i passaggi salienti della storia.
Le descrizioni, ad esempio, da sole possono dire molto, e magari permettere di saltare paragrafi narrativi di spiegazione che paiono presi dai volumi polverosi di qualche biblioteca dell’orrore. Un buon narratore deve saper descrivere, e uno stile accurato permette di compiacere il lettore che man mano si figura la scena, pitturandola in mente particolare alla volta. Se ciò è svolto con dovizia e saggezza, si potrà evitare di cadere nel noioso, e saper mantenere in vita l’attenzione con una descrizione movimentata. È come l’amabile ape di Wilde che, mentre Basil e Lord Henry dialogano, dipinge “Il ritratto di Dorian Gray” col suo dolce passar di fiore in fiore.
Centi descrive a mo’ di elenchi, dicendo cosa è presente nel suo ambiente e l’effetto che l’accozzaglia di elementi dovrebbe suscitare nel complesso. Un esempio di descrizione Centiana:
“Venne trascinato fuori e solo allora rammentò il luogo in cui si trovava: un villaggio, decine di piccole capanne e campi irrigati, un corso d’acqua che scorreva diramandosi in più direzioni e l’enorme cascata, completamente circondata da una fitta vegetazione, che si gettava da una apertura alta centinaia di metri. A fare da cornice, imponenti montagne e cavità appena accennate che lasciavano intendere altrettante gallerie.”
Un esempio della stessa descrizione con l’intento di migliorarla:
“Lo trascinarono all’esterno, e parve rammentarsi solo allora che il luogo in cui si trovava era ben altro che la squallida e angusta cella in cui aveva trascorso le sue ultime ore. Lo accolse un villaggio composto da piccole capanne dal tetto in paglia e con basse pareti, e più in fondo numerosi campi, irrigati grazie a un corso d’acqua già di per sé ricco di diramazioni, e che gli abitanti avevano convogliato in dei canali che percorrevano i terreni coltivati. Alberi e cespugli spuntavano qua e là, immoti, concentrandosi nei pressi di una fantastica cascata dalle acque azzurrine. Ess a si gettava da un’apertura posta a centinaia di metri più in alto, e nel suo salto prendeva chiare sfumature di ogni colore, pervadendo l’aria di piccole gocce che ti inumidivano il viso quasi fossero lacrime d’angelo, lo scrosciare dell’acqua nel suo getto costante che ti accompagnava, durante il giorno e la notte, imboccandoti alla porta dei sogni come un dolce fruscio. Tutt’intorno vi erano alte montagne dai costoni bruniti, fra cui a volte si scorgevano cavità più buie, segno della presenza di altrettante gallerie.”
Mi spiace tantissimo di aver speso la bellezza di 20€ per questo libro. Anche se fa la sua figura nello scaffale dello studio, la lettura mi è parsa un’agonia lenta, con lievi interruzioni rappresentate da brani piacevoli, ma che resta pur sempre una punizione divina.
Complimenti alla copertina, fantastica e surreale, la sovraccoperta che in libreria fa quell’effetto mistico… che si smorza appena uno arriva a leggere il (fortunatamente) piccolo titolo sul bordo.
Concludo così la mia recensione.
Più che dire che fa schifo, devo anche dire che è da buttare? Sempre là stiamo.

Voto:  1/2 (mezzo) cappello
madhat 
Per maggiori informazioni: la recensione di Gamberetta
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