Lettori fissi

sabato 27 agosto 2011

PostHeaderIcon Starcrossed (3.3)

Titolo: Starcrossed
Autrice: Josephine Angelini
Editore: Giunti
Collana: Y
Uscita: 7/09/11
Pagine: 454
Prezzo: € 16,50
Trama: Helen, timida adolescente di Nantucket, sta quasi per uccidere il ragazzo più attraente dell'isola, Lucas Delos, davanti a tutta la sua classe. L'episodio si rivela essere qualcosa di più di un mero incidente. Helen teme per la sua salute mentale: ha iniziato ad avere incubi di notte e allucinazioni di giorno. Ogni volta che vede Lucas le appaiono tre donne che piangono lacrime di sangue. Il tentato omicidio porta Helen a scoprire che lei e Lucas non stanno facendo altro che interpretare i ruoli di un'antica tragedia d'amore. Le apparizioni femminili rappresentano infatti le Erinni. Helen, come l'omonima Elena di Troia, è destinata a dare inizio alla guerra a causa della sua relazione con Lucas. I due scoprono sulla loro pelle che i miti non sono leggende. Ma è giusto o sbagliato stare con il ragazzo che si ama se questo significa mettere in pericolo il resto del mondo? Come si sconfigge il destino?

                                                                           * * *
E con quest’ultima parte dello speciale (la recensione), il tutto si conclude. Dovrò partire e non ci sarò, ma ad ogni modo mancano una decina di giorni per l’uscita del romanzo, che ricordo che è precisamente il 7 settembre. Ho piacevolmente costatato che su molti bookstore online è tra le vette delle vendite in ‘anteprima’.
Ad ogni modo, ho letto il romanzo – appunto, in anteprima. La gentilissima Giunti Y mi ha inviato il file in Adobe Digital Edition. Mi è spiaciuto soltanto il fatto di non poterlo caricare sull’e-book, poiché a tal punto la lettura e la piacevolezza di essa avrebbero potuto, magari, aumentare allietando i miei occhi. Fortunatamente non soffro di nessun problema oculistico (spero).
L’autrice, Josephine Angelini – cognome vagamente “italiano” – è nata nel Massachusetts in una modesta famiglia di agricoltori; infatti lei stessa dichiara di non aver perso la facoltà di saper dirigere un trattore, benché attualmente viva col marito a Los Angeles. Starcrossed è il primo titolo di una trilogia incentrata sulla mitologia greca. In America e in Germania è stata positivamente accolta dalla critica, posizionandosi tra le vette delle classifiche libresche a tema fantastico.
Il romanzo è un young-adult. Per chi non sapesse il significato del termine, offro chiarimenti: si tratta di narrativa per “giovani adulti”, ossia libri molto spesso a tema fantastico o a carattere adolescenziale che trattano e affrontano la crescita dei ragazzi come fase di mutamento e comprensione del proprio ‘io’ interiore, fino all’età adulta, accompagnando tutto dalla voce salvifica dell’amore.
La scrittrice dice apertamente di essere appassionata di miti greci e che l’ispirazione per la creazione del suo romanzo d’esordio le è venuta quando, guardando la libreria, ha visto accostata l’Iliade al famoso romanzo di William Shakespeare, “Romeo e Giulietta”. E si è posta la domanda di quali risvolti avrebbe potuto avere quest’ultima storia d’amore se, in qualche modo, influenzata da richiami della mitologia ellenica.
Dopo questa premessa parto col parlare del romanzo.
La trama si dipana in una serie di eventi che prendono pieghe impreviste e imprevedibili. Tali eventi stravolgono la vita della protagonista, Helen, quando nell’isola di Nantucket, negli Stati Uniti, una nuova famiglia si trasferisce inaspettatamente, provocando un’ondata di curiosità dagli abitanti nei confronti di questi. La famiglia Delos ha appena abbandonato l’Europa, più precisamente la Spagna. Nel liceo che frequenta Helen, l’arrivo di nuovi ragazzi mette appunto in subbuglio l’intera scuola.
Lucas, il nuovo studente, figlio dei Delos, si trasforma in pochi giorni in un mito, una celebrità, e viene riconosciuto come il ragazzo più bello e attraente della scuola. Sarà il fascino spagnolo, la pelle leggermente trapuntata dal sole che ne veste ogni respiro. Ad ogni modo la sua figura viene ben presto attorniata dalle ragazze e dalla perplessità e interesse generale degli altri studenti del liceo.
Helen, la protagonista, sembra invece in tutti i modi sorvolare l’argomento: tutto ciò le provoca un senso di repulsione che nasce dal profondo di se stessa, nonché un disinteresse totale che la sua amica Claire non riesce a comprendere. Questo comporta la tensione, a volte, dei rapporti delle due ragazze.
Helen è profondamente tormentata dalla figura di Lucas, e cerca di scansare la sua presenza giornalmente. Fino a quando, d’un tratto, nel corridoio scolastico, Helen in un impeto sconosciuto e indomabile si avventa sopra di lui e cerca in tutti i modi di soffocarlo. Si accende una breve rissa che terminerà in pochi minuti il suo siparietto.
Frattanto, Helen è perseguitata da visioni che le fanno visita in varie parti della sua giornata, così d’improvviso da lasciarla scossa. Sono le Erinni: tre donne che piangono lacrime di sangue, intrise di disperazione che muta in gridi ogni cosa. Un mondo onirico da cui Helen è attratta, un mondo che pian piano tirerà a sé i suoi sviluppi per incastrarla nella verità della vicenda.
Ma oltre ciò, Helen è presente a un agguato che avviene nel negozio gestito da Kate, un’amica del padre e della stessa protagonista. Una situazione misteriosa che la porta a porgersi una serie di interrogativi, in quanto non ha avuto il tempo esatto per riuscire a scorgere il volto dell’autore dell’aggressione.
La trama si chiarisce, dunque, quando dopo altri litigi tra Helen e Lucas, i due riescono a porre fine ai loro istinti violenti e a stabilire un legame abbastanza forte, un legame eterno che lega una storia destinata a ripetersi. Sarà infatti dopo un altro misterioso accadimento che Helen chiederà spiegazioni urgenti sulla genesi dei problemi, che chiederà un anfratto di verità. E sarà proprio nella dimora della famiglia Delos che le domande troveranno risposta. Almeno in parte.
Lo stile utilizzato dall’autrice, mi ritrovo a dire, non è sempre scorrevole. Anche se molto liscio, semplice, è totalmente piegato dal punto di vista di Helen. Seguiamo quindi la nostra protagonista in vari momenti della giornata, come se avessimo una telecamera puntata su di lei, che si muove e ci porta e nasconde con sé, pronta a intingere di emozione i suoi pensieri, i risvolti del giorno che le donano nuove incertezze, poche cose a cui aggrapparsi. Peccato che non abbia trovato particolarmente curate le descrizioni, abbandonate talvolta a una serie d’aggettivi, ma ad ogni modo i personaggi vivono di vita propria, vita che scorre e delinea il loro carattere attraverso le loro azioni, le loro confessioni, i loro sentimenti.
Si denota talvolta, appunto, qualche scena che mi è rimasta impressa – il volo tra Helen e Lucas, intriso di un’emozione davvero concreta, che riesce a trasparire tra ogni riga lungo il breve corso dell’evento, o il loro avvicinarsi lentamente, le loro dita che si aggrappano al cuore per giungere alla verità.
È un romanzo semplice ma che si distingue dall’enorme massa di paranormal romance ya che sono stati pubblicati negli ultimi tempi. Primo episodio di una saga promettente, la cui penna riuscirà di nuovo ad incantarci con altre verità e conclusioni sul destino di Helen, altresì Elena di Troia, e sulla sua tormentata storia d’amore che fa scuotere il mondo. Un mondo in perenne pericolo, sul ciglio del baratro. Tutto per colpa, ancora una volta, dell’amore.
Consigliato
- Voto:  4/5

PostHeaderIcon Recensione: Snow Flower & The Secret Fan

 

 

Autore: Lisa See

Titolo: Snow Flower and The Secret Fan

Genere: Narrativa

Editore: Longanesi

Prezzo: 17,60€

Pagine: 336

Recensione di: Zia Mad

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Memories tear across my eyes

“Il letto è illuminato dal chiaro di luna

Io immagino sia la neve leggera di una grigia alba invernale

Alzo gli occhi e ammiro la luna piena nel cielo notturno

Chino il capo, e m’invade la nostalgia di casa.”

 

È tanto, tanto tempo che non scrivo una recensione… benché nel frattempo abbia letto un considerevole numero di libri. Ma su questo romanzo mi sento di avere così tante cose da dire, da non poter tacere su particolari della trama pur di raccontare cosa hanno suscitato in me. Quindi è ovvio che nelle prossime righe ci potranno essere spoiler, più o meno importanti, e mi scuso in anticipo per questo.

Ho letto la versione inglese del libro, comprata più di un mese e mezzo fa in una Feltrinelli ampia e finalmente fresca dopo la cappa di calura che opprimeva le strade del centro città. Nella libreria era disponibile anche quella italiana, ma per motivi che non sto a spiegarvi ho acquistato quella in lingua originale. Prima di entrare lì, non avevo idea che sarei uscita con un libro fra le mani, né sapevo dell’esistenza di questa piccola perla di tradizione cinese. Se non fosse stato per l’intercessione di una certa persona che era lì con me… tutte queste frasi non esisterebbero.

Ho sempre amato la cultura cinese, fin da bambina, quando restavo a guardare con occhi sgranati le scene del cartone animato di Mulan, che è ed è sempre stato il mio preferito. La mia soddisfazione è stata grande quando ho capito che attraverso Snow Flower and The Secret Fan avrei potuto carpire nuove caratteristiche del mondo a sé che tanto mi affascina.

Ora, per poter introdurre alcune citazioni, mi sono procurata anche l’e-book italiano e, mettendo a confronto i brani che più mi hanno entusiasmato nella lettura, mi rendo conto come l’emozione fosse stata brutalmente tolta, estirpata, nel processo di traduzione. Lo stile di Lisa See è semplice, scorrevole, vola via come una fenice che solca l’aria in mezzo alle nuvole, con periodi brevi in cui fanno sparute comparse frasi un po’ più complesse. Questo significa che in italiano l’effetto risulta, purtroppo, molto più rude e privo di poesia.

La storia è narrata in prima persona dalla protagonista, Lily (Giglio Bianco nell’edizione in italiano), che raggiunta la venerabile età degli ottant’anni, apre i suoi ricordi con la stessa lentezza con cui ha aperto tante volte il ventaglio simbolo della sua storia d’amicizia: piega dopo piega, lentamente, assaporando ogni sfumatura delle scritte in nu-shu, del cielo, delle circostanze che si sono riversate nella sua vita. Per questo il lessico della See si modella al linguaggio della narrante, con una piccola gamma di parole ricche di significato, in cui il contesto trasformava i sensi per dipingere un'unica immagine disegnata con grazia. I termini che più si riscontrano fra le pagine fanno parte del destino delle donne: maniere, comportamento, ricamo e tessitura, dolore e doveri, gravidanze e lutti.

Visto il tipo di narrazione scelto, non ci si può che perdere in una biografia in cui i dialoghi sono pochi e brevi, in cui tutto è raccontato. Come nelle memorie di ognuno di noi, a volte le lacrime di Giglio offuscano la scena, in altre il suo dolore ne altera i contorni. In altre ancora, laddove i giorni monotoni si sono raggruppati in una singola azione, ci sono salti nel tempo. Vuoti, vuoti da riempire con il silenzio. Un silenzio così fragile che diventa la sospensione della lettura: più volte ho posato il libro sulla prima superficie che avessi a tiro, che fosse lo schienale del divano, il pavimento freddo o le lenzuola violacee del letto, con la parte scritta verso il basso e la copertina lucida che sfiorava appiccicosa le mie dita. I miei occhi andavano al soffitto, e il vuoto delle pagine – quel breve spazio fra un paragrafo e l’altro che segnava la fine di un evento dall’altro – si trasformava nel mio piccolo silenzio di riflessione.

I capitoli sono a loro volta divisi in parti e sarà così che analizzerò pian piano la trama del libro. Sullo stile non ho molto da dire in più: ad eccezione delle poche considerazioni d’apertura, la mia conoscenza dell’inglese è abbastanza povera da dirmi che non posso giudicare oltre. Ma la storia, quella sì, resta mia oltre ogni limite.

 

Daughter Days

“Una vera signora non tollera nulla di brutto nella propria vita.

Solo attraverso il dolore si arriva alla bellezza.

Solo attraverso il dolore si ottiene la pace.

Io fascio e bendo, ma sarai tu a godere dei miei sforzi.”

 

 

Sin dalle prime pagine della prima parte, si viene catapultati in un mondo nuovo che ti avvolge da ogni lato. Scorrendo la quarta di copertina, avevo letto della pratica del “footbinding”, la “fasciatura dei piedi”, e mi sono istantaneamente ricordata di un particolare che qualche professoressa ci raccontò nelle ore di storia. Parlava dei piedi piccoli e gentili delle donne cinesi, di come in tenera età venissero fasciati per raggiungere la forma perfetta di gigli dorati. Non disse, però, di come questa pratica fosse dolorosa, di quante donne morissero durante il processo. Si parla di stime che si aggirano attorno a una donna su dieci in tutta la Cina. Inoltre, il piede non smette di crescere, ma viene semplicemente deformato. L’unica bellezza raggiunta, infine, è solo l’armonia dei movimenti, della camminata, così leggiadra da sembrare di scivolare come un fiore fra le acque del ruscello. Ma questo non sempre è assicurato: durante la fasciatura, si possono commettere errori, si può compromettere la salute della bambina (i piedi venivano fasciati nel periodo fra i sei e i dieci anni, a seconda della contea), con conseguenti infezioni e problemi nel camminare. Dopo tutte queste agonie, lo stesso le donne non potevano compiere lunghi viaggi senza che i loro piedi rovinati riprendessero a sanguinare copiosamente.

La citazione d’inizio paragrafo è ciò che la madre di Lily le ripeteva durante la fasciatura. Lily è speciale, ha dei piedi bellissimi, e i suoi gigli dorati saranno il suo prezzo per raggiungere un matrimonio fortunato con una buona famiglia, in modo da onorare i suoi genitori e elevarli dalla loro condizione di semplici contadini. Ed è anche, e forse soprattutto, per questa sua ricchezza di nascita, che le sarà permesso avere una “lao-tong”, una “old same”, una “vecchia se stessa”. Nel periodo importantissimo del “footbinding”, le giovani donne si riunivano per creare una congrega di amiche (“sorelle giurate”) che sarebbe rimasta insieme fino a che l’ultima di loro non si fosse sposata, spostandosi a un altro villaggio e comunque troppo impegnata con i doveri di moglie e nuora per poter pensare alle sue compagne. Ma c’era chi, come Lily e Snow Flower, aveva la possibilità di cominciare una relazione diversa… qualcosa di magico, di magnifico, un rapporto così stretto che neanche il matrimonio avrebbe potuto dividere. Una lao-tong è per sempre. “Tu e io siamo una coppia di anatre mandarine”, si scriveranno nel segreto linguaggio delle donne, il nu-shu. Le anatre mandarine, comuni nella cultura cinese, erano simbolo di fedeltà poiché, a differenza delle specie simili a loro, si sceglievano un partner a vita da cui non si sarebbero mai più separati.

Un altro tema ricorrente nel libro è il nu-shu. Una lingua segreta, di cui, nell’ingenuità delle donne di allora, gli uomini non dovevano saper nulla. Attraverso il nu-shu, si poteva comunicare in moltissimi modi. Le compagne di una neosposa scrivevano libri in cui ne declamavano le lodi, e tali lettere venivano lette nel terzo giorno dopo il matrimonio alle donne che abitavano già la casa del marito. I documenti in nu-shu raccolti da una donna venivano bruciati al suo funerale, per permettere che nell’aldilà la sua anima potesse leggerli. Era la lingua in cui si scrivevano e tramandavano le storie, e comparivano su stoffe, ventagli, ricamate sui tessuti; era la lingua dei canti che si facevano nei giorni di nascita, matrimonio e morte. Il nu-shu era, prima di tutto, la lingua delle lao-tong.

Per diventare lao-tong era necessario avere dei tratti in comune, come essere nate la stessa ora dello stesso giorno dello stesso mese dello stesso anno, avere condizioni familiari simili, la stessa altezza e la stessa forma di piedi, che devono essere stati fasciati per la prima volta nello stesso giorno, avere lo stesso numero di sorelle e fratelli, e molte altre caratteristiche. In breve, più cose le due lao-tong avrebbero avuto in comune, più il loro legame si sarebbe rivelato fruttifero.

 

Hair-Pinning Days

“Era tutto predestinato.

Ci trovavamo alla mercé di forze immani e non avevamo modo di sfuggire al destino.

Lo yin e lo yang possono spiegare la logica del mondo.

Esistono uomini e donne, luce e tenebre, gioia e dolore.

Questi elementi creano un equilibrio. […]

Non c’è vita senza morte.

Ecco il vero significato dello yin e dello yang.”

 

 

È la parte che più mi è piaciuta. I brani migliori del romanzo si concentrano tutti nei momenti più intimi di Lily e Snow Flower (altrimenti detta “Fiore di Neve”, per attenerci alla traduzione corretta). Gli “Hair-Pinning Days”, dedicati agli ultimi preparativi per il matrimonio, si aprono con il capitolo migliore, in cui avviene la scena da cui ho tratto la poesia d’apertura della recensione. In un paio di pagine – si tratta del capitolo più breve del romanzo – scopriamo cosa significa essere davvero lao-tong. È un amore così profondo, così intricato, che sfiora e si tuffa a seconda dei momenti in quella che potrebbe venir considerata passione omosessuale. Fra le due protagoniste scorre un flusso di confidenza e di amicizia che supera ogni ostacolo, ogni pudore.

Mentre sfogliavo le pagine, mi sono spesso soffermata a pensare come sarebbe, per me, avere una lao-tong. Quando comincio ad andare oltre il romanzo, a mischiare parti di esso nei miei desideri e a immergere me nelle ambientazioni narrate, significa che il mio affetto per la storia ha raggiunto un punto vitale. Il coinvolgimento emotivo è ciò su cui mi soffermo per primo intanto che rifletto sul voto da dare al libro appena concluso. Più la mia anima si riversa fra la carta e l’inchiostro, diventando tutt’uno con la poesia vergata su essa, più il voto sarà elevato.

Il rapporto con una lao-tong è basato sulla scrittura. Gran parte della vita delle due si basa su scambio di caratteri in nu-shu, eccettuati i casi in cui le donne si incontrano per le festività o per altre ricorrenze particolari. Ci sono stati momenti in cui ho desiderato fortemente di poter provare sulla mia pelle la carezza di una lao-tong che si addormentava al mio fianco, e sentire il mio cuore battere frattanto che lei incideva sul mio corpo, solo con la pressione delle dita, i segni segreti del nostro linguaggio. Poi mi sono fermata nelle mie fantasie, sono tornata un attimo indietro, nella realtà: io avevo una lao-tong. Non avevo bisogno di cercarne una, o di scandagliare fra le mie amicizie secondarie (abbastanza forti da essere mie “sorelle giurate”, ma lontane da diventare altro).

Forse un po’ tutti abbiamo una lao-tong. Alla fine, è quella che noi chiamiamo per eufemismo migliore amica o migliore amico. Qualcuno che in ogni caso sarà con te per sempre, qualsiasi cosa accada, qualsiasi distanza terrena arrivi a separarvi. La differenza fra l’amicizia forte intesa nella maniera occidentale e la tradizione cinese, è che in quest’ultima è chiaro e considerevole il patto di eternità che si instaura fra le due. Una relazione lao-tong può avvenire solo nel reame interno delle donne, poiché gli uomini sono destinati a vivere fra i campi, nel loro reame esterno… ma su questo, ormai, si può sorvolare. E, dopotutto, io amo il mio lao-tong.

Questi erano i pensieri che mi accompagnavano nella lettura. Lily e Snow Flower credono nel loro rapporto con così tanta fede da lasciarsi alle spalle le difficoltà del loro destino. Ho amato la maniera in cui il loro amore cresceva, mutava, assieme ai loro corpi e alla loro esistenza. Ed è per questo che, quando nello sviluppo della trama la verità si rivela come un drappo di seta non ricamata che si confonde fra tessuti preziosi, Lily ne resta così sconvolta da soffrirne. Il colpo di scena si poteva intendere da alcuni indizi sparsi, ma resta comunque una svolta immane.

Non voglio svelare molto del resto della trama. Ciò che voglio spiegare, in un modo o nell’altro, è che ogni singolo verso del romanzo è intessuto nell’ambiente in cui gli eventi si svolgono. La Cina del diciannovesimo secolo è una realtà così lontana dalla nostra da sembrare utopica e inafferrabile. In questo frammento del romanzo, le donne si preparano ad affrontare il loro matrimonio, imparando nuovi caratteri del nu-shu, perfezionandosi nelle arti della casa, tessendo giorno dopo giorno gli abiti e le stoffe che comporranno la loro dote. È un periodo di preparazione, di cambiamento, di stasi. Di attesa.

 

Rice-and-Salt Days

“Da bambina, obbedisci al padre;

una volta sposata, obbedisci al marito;

da vedova, obbedisci a tuo figlio. […]

Obbedisci, obbedisci, obbedisci, e poi fa’ ciò che vuoi.”

 

 

L’obbedienza è nel destino di ogni donna. Lily lo sa bene, gliel’ha insegnato sua madre: assieme alla facoltà di sopportare. Sopportare tutto, e non lamentarsi. In questo risiede la forza di una donna, che va ben oltre la potenza fisica di un uomo o le conoscenze. Uno dei temi principali, assieme all’amicizia, è il valore della figura femminile. Molti scrittori si sono soffermati su di essa, e spesso mi è tornato in mente un romanzo analogo che ripercorre circostanze simili, benché ambientate in un universo molto diverso. Sto parlando di “Mille Splendidi Soli” di Khaled Hosseini, che ho letto poco più di un paio di anni fa e che ho votato allo stesso modo di questo. Le differenze fra le due storie, ambientazione a parte, sono poche a dire il vero. Ritornando al mio coinvolgimento emotivo, ricordo che Mille Splendidi Soli portò le lacrime ai miei occhi, invece Snow Flower and The Secret Fan è stato in grado di condurmi in un lungo processo di riflessione quando, durante la notte, non riuscivo a prendere sonno e ripensavo alle ultime pagine lette. Ritengo in ogni caso che l’abilità di narratore di Hosseini faccia diventare il suo romanzo migliore sotto molti aspetti. Per cui, se vi è indifferente leggere di una storia ambientata in Cina o un’altra ambientata in Afghanistan, e tutto ciò che cercate è dell’intrattenimento a proposito di temi che riguardano le donne e il loro mondo, vi consiglio molto più quest’ultimo che non il romanzo della See.

Il titolo di questa parte si riferisce alla monotonia dei giorni di moglie, ma a dire il vero è il periodo più turbolento e ricco di eventi di tutto il romanzo. Nella cultura cinese (ne approfitto per sottolineare che si tratta di una tradizione risalente al diciannovesimo secolo, e che ad ora le cose sono cambiate: primo fra tutti, la fasciatura dei piedi non è più praticata, e il nu-shu è andato via via estinguendosi), è sempre esistita una divisione fra l’ambiente interno della casa, governato dalle donne, e l’esterno, proprio degli uomini. Lisa See effettua la distinzione fra “inner realm” e “outer realm”, “nei” e “wai”. Verso la fine, i due regni si fondono in uno, giacché la storia delle invasioni, del susseguirsi degli imperatori e le conseguenti rivolte costringono gli abitanti della zona alla fuga. È il capitolo del dolore, della speranza, con i personaggi che semplicemente attendono nelle difficoltà il passaggio dei ribelli, fino a quando ogni discrepanza non verrà risolta e loro potranno ritornare alle loro case.

Per ironia della sorte, quando le famiglie di Lily e Snow Flower scapperanno sulle montagne, le due si troveranno ad affrontare il viaggio insieme. Qui, molti aspetti del loro rapporto verranno rivelati, stringendo i legami che legano le due in maniera ancora più forte, tanto da non lasciare possibilità di respiro. È una parte pesante, piena di afflizioni e rammarico. Difficile da leggere, da accettare.

Al contempo, altri capitoli sono interamente dedicati alle gravidanze e ai figli. Ogni donna cinese dell’epoca, infatti, desidera poter avere almeno cinque figli, e più maschi possibili. Sono i figli maschi a generare il valore di una donna. Lily scrive: “Anche se le nostre famiglie d’origine ci vogliono bene, non siamo che un peso per loro. Ci sposiamo, ci trasferiamo presso un nuovo nucleo familiare, ci presentiamo a un marito che non conosciamo e non ci conosce, andiamo a letto con lui da perfette estranee e ci sottomettiamo ai capricci della suocera. Se abbiamo fortuna, generiamo figli maschi e ci assicuriamo un rango rispettabile. In caso contrario, dobbiamo affrontare il disprezzo della suocera, il dileggio delle concubine e l’aria delusa delle figlie.”

In queste pagine traevo poco piacere dalla lettura. D’altro canto, la mia curiosità e la mia compassione per il destino di queste donne aumentavano. Leggevo voracemente per sapere cos’altro sarebbe accaduto di così brutto nelle loro vite. Con la speranza di un lieto evento che rischiarasse il cielo e la loro tristezza.

 

Sitting Quietly

“Sto ancora imparando a conoscerlo, l’amore.

Credevo di averne compreso la natura. […]

Eppure, mi rendo conto di non aver dato il giusto valore

alla forma di affetto più importante:

quella che scaturisce dal profondo del cuore.”

 

 

Recentemente è stato redatto anche un film di Snow Flower and The Secret Fan, dall’omonimo titolo. A malincuore devo ammettere che non ho ancora trovato il modo di vederlo, sebbene avessi voglia di farlo prima di scrivere la recensione e possibilmente anche prima di leggere il romanzo. Però ho scritto queste pagine ascoltando la colonna sonora, suggestiva e fantastica, creata dalla maestria di Rachel Portman. Ho l’impressione che si rivelerà una pellicola stupenda, una volta che riuscirò ad apprezzarla con i miei stessi occhi e non soltanto con i brandelli dei trailer che girano su internet.

A proposito del romanzo, la trama segue linee semplici, è l’autobiografia di una donna cinese di quell’epoca e con sé non porta altro che lo stupore e la meraviglia della cultura in cui è vissuta. Leggendo, ho avuto l’impressione che non avesse molte ambizioni. Suonava più come uno sfogo, un racconto fine a se stesso. Si dice spesso che gli scrittori scrivano prima di tutto per loro, e ho sentito come Lisa See si fosse impersonata nella figura narrante di Lily. Fra le parole, fra i pensieri che si imbrogliavano con gli eventi richiamati alla memoria nel tentativo di risultare esaustivi per riferire una vita intera, si intravvede il desiderio della protagonista di perdonare se stessa per ciò che ha fatto e contemporaneamente non lasciare che le disgrazie prendano possesso anche del suo futuro nell’aldilà.

Si dice che non si debba mai sopravvivere ai propri figli. Questo è il dolore più insopportabile che impregna il libro. Ho sentito di questa espressione tante, troppe volte. Nei libri di Licia, con Sennar che parla a proposito di suo figlio, da molti altri autori, come Michelle Paver, in una puntata del telefilm “Army Wives”. Da qualcuno che conosco. Anche Lily ha dovuto passarci su, e non solo lei. Nel libro, più volte si legge l’espressione riferita dalla protagonista nei confronti del padre: “Ero come una perla nelle sue mani”.

L’anzianità di Lily è pervasa dai rimpianti. Non c’è un lieto fine, o qualcosa che te ne faccia sentire uno. Il romanzo finisce così, sfuma come una bacchetta d’incenso che ha finito il suo corso, o l’acqua del fiume che scorre via dai tuoi piedi immersi nel fango della riva. Dopo tutte le mie riflessioni, non so ancora bene cosa questa storia mi abbia lasciato: in quanto donna, ogni disgrazia letta si è battuta sulle mie spalle e mi ha fatto riflettere su tutto ciò che la mia vita – abbastanza breve, ma altrettanto intensa – mi ha fatto conoscere. Nella tristezza del mio passato, avrei voluto poter leggere di qualcosa di più fresco e positivo, che lavasse via il lacrimare delle memorie, invece di far confondere quelle di Lily con le mie in un unico flusso compassionevole.

Ma, a dispetto dello sconforto che causano le vicende narrate, la Cina, la sua storia, ne esce ancora una volta rivalutata. Nonostante le sue usanze non siano giustificabili, non riesco a non rimanere intrappolata nella sua rete di magia. Mentre Lily e le sue compagne tessevano, mi pareva di sentire la seta colorata fluttuare attorno alle mie dita. Mentre loro ricamavano, avevo la sensazione piacevole del filo che s’inframmezzava alle mie mani che percorrevano il tessuto. La dolcezza con cui queste scene vengono descritte è di uno splendore amabile, sono sprazzi di luce dalla delicatezza di un fiore di pesco.

Il ventaglio è un tradizionale ricordo dell’amicizia fra Giglio Bianco e Fiore di Neve, ma non è unicamente questo. Per me è diventato un simbolo di molte cose: non solo dell’amicizia lao-tong, ma di una nazione intera. È la fragilità e flessibilità delle donne cinesi, che hanno come dovere nella loro vita quello di accondiscendere a chi ha più potere di loro. Così come un ventaglio in mano di qualcuno, che oscilla per portar sollievo con i suoi refoli d’aria. La stessa oscillazione piacevole di un paio di gigli dorati che calpestano a passi leggeri l’impiantito di una casa. Con una teiera in mano e nel cuore una forza segreta e inimmaginabile.

 

Voto: 4 cappelli di zia

Copia di madhat[9]

Copia di madhat[9]

Copia di madhat[9]

Copia di madhat[9]

mercoledì 24 agosto 2011

PostHeaderIcon Starcrossed (2/3)

Buongiorno amici! Oggi voglio proporvi, mediante la penultima puntata dello speciale ( a cui seguirà, molto probabilmente la recensione del romanzo – domani!) un quiz che ho tradotto dal sito tedesco del romanzo.

Ve lo posto qui sotto, e più in fondo, le risposte esatte.

 

Prima domanda: la mitologia greca dice che il monto olimpo è abitato dagli dei. Ma 'l'Olimpo' esiste nella realtà?
A - Certo che no. Il monte olimpo è un luogo puramente mitologico.
B - Sì! Il monte Olimpo è la vetta più alta della Grecia.

Seconda domanda :
Zeus è il padre degli dei e anche il dio più potente tra essi. Ma da chi è nato, in realtà, Zeus?
A - Zeus è il figlio di Elena e Paride.
B - Di Crono e Rea, una coppia di titani.

Terza domanda: Helen è incredibilmente veloce nella corsa, ed è nella squadra sportiva del liceo. Alle olimpiadi non sarebbe andata male! Ma quando si tennero per la prima volta?
A  - Circa nel... 77e ac, la prima volta i giochi ebbero luogo nell'antichità.
B - I primi giochi olimpici si svolsero nel 32 dc.

Quarta domanda: Da quale dio proviene il potere di Lucas?
A- Apollo

B – Ulisse

Quinta domanda: La sorella di Lucas, Cassandra, può vedere nel futuro. Qual è il posto speciale dove si dice, accadevano gli oracoli?
A – Delphi
B – Parigi

Sesta domanda: Afrodite è la dea della...
A – Arte
B - Bellezza.

Settima domanda: Helen, Lucas, Arianna e Cassandra sono tutti semidei. Chi era un semidio famoso nell'antichità?
A – Eracle
B – Giove

 

Risposte: B; B; A; A; A; B; A.

giovedì 18 agosto 2011

PostHeaderIcon Starcrossed (1.5)

Particolare segnalazione, avviso, di un video in cui Josephine Angelini, autrice di Starcrossed – romanzo che uscirà nelle nostre librerie il prossimo 7 settembre – spiega quale sia stata l’ispirazione per il suo romanzo.

Il video è in inglese, ma la giunti y lo ha tradotto inserendo i sottotitoli.

Buona visione!

venerdì 12 agosto 2011

PostHeaderIcon Anteprima: Starcrossed (1)

http://fcv-triodeimatti-wiii.blogspot.com/2011/08/anteprima-starcrossed.html

 

Titolo: Starcrossed

Autrice: Josephine Angelini

Editore: Giunti

Collana: Y

Uscita: 7/09/11

Pagine: 356

Prezzo: € 17, 00

Un nuovo romanzo per giunti y. Stavolta in anteprima. E’ la volta quindi di Josephine Angelini e il suo urban fantasy Starcrossed, che presente un risvolto molto interessante e differente dall’azzuffata di altri romanzi che tessono il loro ego su vampiri, baci maledetti, demoni, licantropi, e angeli dalle ali sdrucite ^_^ Ma contende le sue scene nella mitologia greca.

E’ l’inizio di uno speciale che si concluderà in tre puntate. Questa è la prima.

Il romanzo uscirà per la giunti y il 7 settembre. I diritti sono già stati acquistati in molti paesi, e dalla usa uscita in paesi come gli Stati Uniti e la Germania, beh, ha scalato le vette posizionandosi tra i primi posti. Credete sia promettente? Io ho avuto il piacere, grazie alla gentilissima giunti y, di leggere il romanzo in anteprima. Per il momento non vi svelerò nulla.

Anche questa è una saga, una trilogia. Il seguito uscirà nel maggio del 2012, il titolo sarà Dreamless.

Un nuovo YA che presenta tinte originali – un amore proibito che radica i suoi istinti stessi nella mitologia.

Ho aspettato tanto per presentarvelo, perché volevo accertarmi di molte informazioni e racimolare un bel post… e ad ogni modo, oramai, il 7 settembre, è vicino.

Lo aspettate?

 

Ecco la trama.

Helen, timida adolescente di Nantucket, sta quasi per uccidere il ragazzo più attraente dell'isola, Lucas Delos, davanti a tutta la sua classe. L'episodio si rivela essere qualcosa di più di un mero incidente. Helen teme per la sua salute mentale: ha iniziato ad avere incubi di notte e allucinazioni di giorno. Ogni volta che vede Lucas le appaiono tre donne che piangono lacrime di sangue. Il tentato omicidio porta Helen a scoprire che lei e Lucas non stanno facendo altro che interpretare i ruoli di un'antica tragedia d'amore. Le apparizioni femminili rappresentano infatti le Erinni. Helen, come l'omonima Elena di Troia, è destinata a dare inizio alla guerra a causa della sua relazione con Lucas. I due scoprono sulla loro pelle che i miti non sono leggende. Ma è giusto o sbagliato stare con il ragazzo che si ama se questo significa mettere in pericolo il resto del mondo? Come si sconfigge il destino?

 

Josephine Angelini è la più giovane di otto fratelli, sette femmine e un maschio. I genitori erano convinti che lei sarebbe stata un maschio e il nome prescelto era Joseph, ingentilito poi in Josephine al momento della nascita. E’ nata nel Massachusetts, una vera e propria campagnola che si è laureata alla New York University’s Tisch School of the Arts in teatro, focalizzandosi sui classici. Oggi vive a Los Angeles con suo marito ma sa ancora come si guida un trattore. Starcrossed è il suo primo romanzo ma già si parla del seguito.

 

 

 

 

USA
UK
Canzone composta da un gruppo tedesco per il romanzo
La prossima J.K. Rowling
J. Angelini sul suo libro

Cliccate per leggere un’anteprima.

La copertina tedesca del secondo volume “Divinamente perso”.

 

La pagina che raccoglierà tutti gli articoli dedicati al romanzo.

 

Approfondimenti:

Il sito dell’autrice.

Il sito tedesco del romanzo.

Il sito di Giunti Y

Alla prossima puntata!

martedì 2 agosto 2011

PostHeaderIcon Recensione: Black Friars–L’ordine della Chiave

black friars2Titolo: Black Friars – L’ordine della Chiave.

Autrice: Virginia de Winter.

Editore: Fazi.

Collana: Lain.

Pagine: 454

Prezzo: € 18, 00

Trama: Axel Vandemberg, giovane crede al trono del regno più importante del Vecchio Continente, farebbe qualsiasi cosa per amore, anche picchiare uno dei suoi migliori amici. Imprigionato nel carcere degli studenti per una rissa, il suo unico, struggente pensiero è dedicato a Eloise Weiss, la ragazza cui ha consacrato la vita fin dall'infanzia. Axel non sa che il suo mondo sta per essere sconvolto dal fatale incontro con Belladore de Lanchale, una cortigiana dal fascino oscuro che ben presto imprigiona il ragazzo in una trama fitta di bugie e ricatti. Mentre Axel lotta contro la seduzione del male, la città pare farsi specchio dei suoi tormenti, trasformandosi in uno scenario di efferati delitti. Protetto dalla notte, tra i vicoli non ancora illuminati dalla luce a gas di una città ammantata di atmosfere gotiche, un assassino inafferrabile uccide giovani umane e bellissime vampire. Unica traccia utile alla Magistratura incaricata delle indagini è il macabro e accurato gioco dell'omicida, che ricompone i corpi delle vittime ispirandosi a celebri fiabe: Raperonzolo strangolata dalle sue lunghe trecce, la Bella Addormentata dilaniata dal morso del principe. Biancaneve avvelenata dalla mela...

L’autrice: Virginia de Winter – Apprezzata autrice di fan-fiction, nota in rete come Savannah, vive a Roma con sua sorella e una violetta africana, che si dice sopravviva ancora nonostante le sue cure.

Cela la sua vera identità con grande attenzione, ma se la cercate bene la troverete nascosta tra le borse di un negozio vintage o persa tra le pagine di un libro in una grande libreria della Capitale. L’ordine della Chiave è il prequel della saga iniziata con Black Friars. L’ordine della Spada (Lain, Fazi Editore, 2010.)

Sto parlando seriamente. Sono rimasto più che deluso da questo romanzo, l’ho agognato per quest’anno che è passato, aspettandomi un’altra dose di poesia stavolta ben congegnata che lasciasse aperti varchi di chiarezza verso la storia, ma che serbasse quella magia che mi aveva fatto emozionare nell’Ordine della Spada. Quei momenti trattati con maestria e con eleganza, che sebbene non tutti potessero apprezzare spargevano una poesia originale, di un effetto emotivo e sia fonetico che si riverberava bene all’orecchio. Ammetto che nell’Ordine della Spada tale ricchezza di stile a volte fosse davvero troppa anche in punti poco poetici, ma c’erano squarci d’immagini, ricordi che alla penna di Virginia rimanevano fulgidi nella mente del lettore. L’Ordine della Spada, romanzo d’esordio dell’autrice italiana, era diventato il tormentone dell’estate, e visto la fantasia e la costruzione delle metafore, delle descrizioni, la finezza con cui sbozzava e affilava in maniera delicata e gentile la statua in estati di Axel ed Eloise rendeva chiaro il successo. Tra l’altro, il precedente romanzo che per inciso è il sequel dell’Ordine della Chiave, ma è stato scritto prima per chi non lo sapesse, presentava ottimi personaggi, dialoghi e scenette che con una punta di sarcasmo donavano personalità ad ogni singolo scholares. Naturalmente sono derivate tantissime critiche dove si enunciava che lo stile dell’autrice fosse fin troppo barocco per i decerebrati cervelli della nuova generazione, ma anche che a volte fosse ripetitivo e confuso, il che era verissimo e nonblack friars ordine della spada lain mi azzardo a metterlo in dubbio.
Questo romanzo in confronto, presenta pochi pregi, quali la chiarezza e aver trovato il mio personaggio preferito – eh, sì, mi resterà per sempre nel cuore, le due stelline sono tutte per lui.
Le vicende, narrate per portare chiarezza sull’intreccio della relazione tra i due protagonisti del romanzo successivo – Axel ed Eloise, si svolgono cinque anni prima dell’Ordine della Spada. Già in esso venivano accennati brevi sprazzi d’infanzia con una punta favoleggiante e sognante, tanto che ancora ricordo certi passaggi. In questo romanzo ritroviamo quindi quasi tutti i personaggi a cui eravamo abituati, soltanto che mi è sorto in dubbio poiché tali scholares sembrano maturati, si ha il lampante esempio di Axel che prende una figura molto più decisa e coraggiosa rispetto al romanzo “precedente”, e ciò mi è sembrato davvero inverosimile. Le brevi comparse di Eloise, all’inizio del romanzo e alla fine, la presentano come un’adolescente tormentata e innamorata, e tutto ciò è verosimile.
È anche vero che il romanzo, a detta dell’autrice, è circa duecento pagina in anticipo rispetto all’altro. E che per questo gli inforigurgiti sono nettamente dimezzati, anche se ci sono lo stesso, e talvolta rallentano fatalmente la lettura quando quelle informazioni potrebbero essere tranquillamente sciorinate in un dialogo sarcastico tra scholares, come credo l’autrice abbia capacità. Quattrocentocinquanta pagine di romanzo per una storia così possono anche andare bene se non sospettassi che è stato tranciata molto più di qualcosa. Ci sono scoperte, luoghi a cui Axel giunge improvvisamente senza che ci viene data una dovuta spiegazione, e così cambia la scena in luoghi lontani dalle posizioni precedenti, situazioni che non si capiscono poiché solo Axel capì. Mi sono ritrovato a credere di essermi perso qualche parte importante e ho riletto attentamente le pagine che precedevano quelle conseguenze, ma niente. Forse ho bisogno, sì molto probabilmente, di essere illuminato. Soltanto, sospetto, o sono quasi certo che tali pagine di svolgimento della storia, importantissime per la comprensione completa dell’inganno, siano state recise in fase di editing. Ciò mi fa molto arrabbiare quando vedo che certe pagine di dialogo e azzuffate insensate sono rimaste lì forse a far prendere respiro alla storia(?).
Ci ritroviamo nella Vecchia Capitale del Vecchio Continente. Cotale Vecchia Capitale vede dislocati nove regni sparsi un po’ dovunque, fortunatamente la cartina ha dato quella chiarezza necessaria ma al contempo mi sono ritrovato a storcere il naso sulle distanze tra un regno e l’altro che in questo romanzo sembrano alquanto variabili. Un appunto in fatto di geografia, ecco, l’autrice poteva sforzarsi di dare un nome al fiume che traversa la Capitale invece di chiamarlo perennemente lungofiume che, a mio dire, pare un po’ ridicolo e poco serio.
La trama si articola in tre parti, e stavolta sono stati risparmiati i titoli dei capitoli in latino (amen!), attraverso una serie di omicidi che sconvolgono il Vecchio Continente e sembrano crudelmente ispirati alle fiabe. Si può constatare da ragazze e redivive trovate morte per via di una mela avvelenata, riverse accanto a un barile di piselli rovesciato per terra o impiccate dalle loro trecce in chiesa. Sinceramente, tutto ciò non mi ha colpito perché sembrano inseriti soltanto per dare un po’ di ritmo alla trama, ma passano del tutto sotto banco tanto che alla fine il colpevole si sa dalla prima pagina, anche perché se non fosse così il colpevole non sarebbe mai rivelato. Intarsiati allo svolgimento della storia ci vengono narrati sprazzi di storia del Vecchio Continente e di cultura generale.
E qui è come trafiggere l’originalità.
Poiché, se nell’Ordine della Spada ero rimasto non poco perplesso dall’ordine dei Gesuiti, da preti, statue di Madonne, l’uso del latino e feste popolari qui abbiamo pure gli spagnoli.
Siccome molto di ciò che dico può essere messo in dubbio, ve lo mostro.

«No, señor Rafel, si tratta di uno di noi». [...]
«Piedro», lo apostrofò Rafael [...]
«Señor Rafael» [...]
Dialoghi tratti da pagina 421.

A tal punto mi è lecito pensare che la governante di Rafael Valance sia filippina.
Finalmente, mi sento in dovere di parlarvi dello stile. Ecco, spero di non soffermarmi molto su questo punto. Lo stile è stato decisamente sfoltito rispetto al primo romanzo, la poesia e le metafore e gli accostamenti sono stati crudelmente abbandonati in favore di similitudini come bianca/fredda come la neve, rossa come il sangue e tante altre che sembrano essere prese all’hard discount®. A mio parere manca di emozione. Anche nelle parti più cruciali dove ti aspetti qualche briciola di teaser black friars 4animo, voglia nel narrare la storia, tutto manca. Manca il cuore del romanzo che è stato mangiato molto probabilmente dai tempi ristretti di scrittura che impongono le case editrici. Perché secondo me un romanzo è qualcosa che va meditato, qualcosa che si scrive con l’ispirazione, selezionando e amalgamando, tagliando e inserendo, sostituendo parti scadenti in favore di altre migliori e così via. E sinceramente buttare giù una storia di 450 pagine in un periodo piuttosto breve come questi, mi sembra un po’ azzardato.
Tra l’altro, il romanzo ha delle parti casuali, colpi di scena detti in maniera piatta, e infine la rivelazione finale è un totale fallimento.
Mettiamo in confronto le due parti, vi prego. E poi concludo.

(Siamo nella chiesa di Santa Julianne di Bellier ad Aldenor ed è già un mistero il come Axel vi sia arrivato).
«Quindi, quando mi avete rivelato il vostro nome, in realtà mentivate?». [Axel]
«No», [Belladore] scosse il capo con grazia estrema e i suoi capelli ondeggiarono con dolcezza, catturando la luce delle fiammelle.
«Il Principato di Lanchale è talmente antico che nessuno ne serba più memoria, quindi è normale che per voi non significhi nulla. Belladore è il nome d’arte. Ma il mio vero nome ve l’ho detto, quindi almeno in questo non accusatemi di aver mentito». [Belladore], Un sorriso tenero e divertito le giocò nello sguardo.
«Violette Valerie Duplessis. Alise, se preferite.» [Belladore]
Pagina 432.

Dopo lo spoiler finale torniamo indietro di qualche pagina. Coraggio.

In uno dei palchi più lussuosi teneva corte la cerchia di Palazzo Belmont. Le cortigiane di Belladore sembravano aver armonizzato i colori per mettere in risalto il bianco perfetto di cui vestiva la loro signora.
Belladore sedeva accanto alla balaustra, leggermente in disparte rispetto agli altri. Era velata e aveva le mani intrecciate in grembo, immote e perfette. I suoi capelli, lo sguardo che gli lanciò, erano scuri come il peccato.
«Temo di non capire», disse lui indurendo appena il tono di voce, il cuore che batte in modo sgradevole.
Seduta insieme alle altre dame, Alise Duplessis gli rivolse un sorriso radioso e accennò un saluto con la mano. Elenoire Sinclair invece gli lanciò un’occhiata fredda […].
Pagina 269.


Mi sento, leggermente, preso in giro. Da qui, molte pagine prima, si enuncia che le due siano persone diverse. Sia perché vengono nominate tutt’e due in due momenti diversi, sia perché Belladore è leggermente in disparte rispetto agli altri mentre Alise è seduta insieme alle altre dame.
Quindi Belladore non è Alise. E non mi dite che era una delle solite bambole o un’illusione perché non me la bevo!
Io non sono un lettore attento, ne tantomeno uno cretino. Le pagine sembrano incresparsi per la vergogna.
E non capisco come tutto ciò possa essere sfuggito a Virginia, che l’ha scritto, e in primis a un editor. Specialmente si tratta della Fazi, una della case editrici tra le più grandi in Italia, che stimo sempre e ancora adesso. Ma mi spiace affermare che l’incongruenza rimane una svista imperdonabile per la pubblicazione di un romanzo. E come ancora nessuno se ne sia potuto accorgere rimane un mistero.
Detto questo l’unico pregio è il personaggio di Damian Assange a cui varrebbero tutte e cinque le stelline, ma purtroppo il romanzo resta a terra e non si eleva nemmeno minimamente alle due stelle che sono esclusivamente per quel redivivo dalla personalità divertente, sarcastica e originale. Credo che ci siano personaggi di carta che riescano per sempre a imbrogliarsi ai margini del cuore, come un normale amore, ma che non svanirà mai perché puoi sempre ritornare indietro a rileggerne le pagine e a farti strappare un brivido, emozionarti coi loro gesti che sembrano ardere di vita propria.

* * *

Il bazar delle cover

Apro un piccolo angolo per le cover, qualche riga dedicata per futile approfondimento

A me non piace la copertina. La ragazza, per quanto bella possa essere, conserva sulla tiara un risvolto viole luminescente che è inverosimile. Le volte dell’andito, intricate sotto un effetto che le ha stilizzate, quei fini contorni neri sulla coltre oro del soffitto contrastano in maniera orribile col colonnato – arrugginito, macchiato di sangue (?), che sembrano fatti di plastica. Tra l’altro i margini della cappa sono in trasparenza con lo sfondo, e quindi sono come dire… traslucidi e mostrano lastre dell’impiantito, pezzi di volta che continuano su questo fantasma. Ah, la sovraccoperta è quasi extralarge per il formato. Peccato.

E con questo, vi auguro l’incanto del frusciare della carta, dell’inchiostro della decenza di qualche dimenticato libro. Buena suerte!

 

Voto: Due code di stregatto su cinque.

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