Lettori fissi

sabato 27 agosto 2011

PostHeaderIcon Recensione: Snow Flower & The Secret Fan

 

 

Autore: Lisa See

Titolo: Snow Flower and The Secret Fan

Genere: Narrativa

Editore: Longanesi

Prezzo: 17,60€

Pagine: 336

Recensione di: Zia Mad

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Memories tear across my eyes

“Il letto è illuminato dal chiaro di luna

Io immagino sia la neve leggera di una grigia alba invernale

Alzo gli occhi e ammiro la luna piena nel cielo notturno

Chino il capo, e m’invade la nostalgia di casa.”

 

È tanto, tanto tempo che non scrivo una recensione… benché nel frattempo abbia letto un considerevole numero di libri. Ma su questo romanzo mi sento di avere così tante cose da dire, da non poter tacere su particolari della trama pur di raccontare cosa hanno suscitato in me. Quindi è ovvio che nelle prossime righe ci potranno essere spoiler, più o meno importanti, e mi scuso in anticipo per questo.

Ho letto la versione inglese del libro, comprata più di un mese e mezzo fa in una Feltrinelli ampia e finalmente fresca dopo la cappa di calura che opprimeva le strade del centro città. Nella libreria era disponibile anche quella italiana, ma per motivi che non sto a spiegarvi ho acquistato quella in lingua originale. Prima di entrare lì, non avevo idea che sarei uscita con un libro fra le mani, né sapevo dell’esistenza di questa piccola perla di tradizione cinese. Se non fosse stato per l’intercessione di una certa persona che era lì con me… tutte queste frasi non esisterebbero.

Ho sempre amato la cultura cinese, fin da bambina, quando restavo a guardare con occhi sgranati le scene del cartone animato di Mulan, che è ed è sempre stato il mio preferito. La mia soddisfazione è stata grande quando ho capito che attraverso Snow Flower and The Secret Fan avrei potuto carpire nuove caratteristiche del mondo a sé che tanto mi affascina.

Ora, per poter introdurre alcune citazioni, mi sono procurata anche l’e-book italiano e, mettendo a confronto i brani che più mi hanno entusiasmato nella lettura, mi rendo conto come l’emozione fosse stata brutalmente tolta, estirpata, nel processo di traduzione. Lo stile di Lisa See è semplice, scorrevole, vola via come una fenice che solca l’aria in mezzo alle nuvole, con periodi brevi in cui fanno sparute comparse frasi un po’ più complesse. Questo significa che in italiano l’effetto risulta, purtroppo, molto più rude e privo di poesia.

La storia è narrata in prima persona dalla protagonista, Lily (Giglio Bianco nell’edizione in italiano), che raggiunta la venerabile età degli ottant’anni, apre i suoi ricordi con la stessa lentezza con cui ha aperto tante volte il ventaglio simbolo della sua storia d’amicizia: piega dopo piega, lentamente, assaporando ogni sfumatura delle scritte in nu-shu, del cielo, delle circostanze che si sono riversate nella sua vita. Per questo il lessico della See si modella al linguaggio della narrante, con una piccola gamma di parole ricche di significato, in cui il contesto trasformava i sensi per dipingere un'unica immagine disegnata con grazia. I termini che più si riscontrano fra le pagine fanno parte del destino delle donne: maniere, comportamento, ricamo e tessitura, dolore e doveri, gravidanze e lutti.

Visto il tipo di narrazione scelto, non ci si può che perdere in una biografia in cui i dialoghi sono pochi e brevi, in cui tutto è raccontato. Come nelle memorie di ognuno di noi, a volte le lacrime di Giglio offuscano la scena, in altre il suo dolore ne altera i contorni. In altre ancora, laddove i giorni monotoni si sono raggruppati in una singola azione, ci sono salti nel tempo. Vuoti, vuoti da riempire con il silenzio. Un silenzio così fragile che diventa la sospensione della lettura: più volte ho posato il libro sulla prima superficie che avessi a tiro, che fosse lo schienale del divano, il pavimento freddo o le lenzuola violacee del letto, con la parte scritta verso il basso e la copertina lucida che sfiorava appiccicosa le mie dita. I miei occhi andavano al soffitto, e il vuoto delle pagine – quel breve spazio fra un paragrafo e l’altro che segnava la fine di un evento dall’altro – si trasformava nel mio piccolo silenzio di riflessione.

I capitoli sono a loro volta divisi in parti e sarà così che analizzerò pian piano la trama del libro. Sullo stile non ho molto da dire in più: ad eccezione delle poche considerazioni d’apertura, la mia conoscenza dell’inglese è abbastanza povera da dirmi che non posso giudicare oltre. Ma la storia, quella sì, resta mia oltre ogni limite.

 

Daughter Days

“Una vera signora non tollera nulla di brutto nella propria vita.

Solo attraverso il dolore si arriva alla bellezza.

Solo attraverso il dolore si ottiene la pace.

Io fascio e bendo, ma sarai tu a godere dei miei sforzi.”

 

 

Sin dalle prime pagine della prima parte, si viene catapultati in un mondo nuovo che ti avvolge da ogni lato. Scorrendo la quarta di copertina, avevo letto della pratica del “footbinding”, la “fasciatura dei piedi”, e mi sono istantaneamente ricordata di un particolare che qualche professoressa ci raccontò nelle ore di storia. Parlava dei piedi piccoli e gentili delle donne cinesi, di come in tenera età venissero fasciati per raggiungere la forma perfetta di gigli dorati. Non disse, però, di come questa pratica fosse dolorosa, di quante donne morissero durante il processo. Si parla di stime che si aggirano attorno a una donna su dieci in tutta la Cina. Inoltre, il piede non smette di crescere, ma viene semplicemente deformato. L’unica bellezza raggiunta, infine, è solo l’armonia dei movimenti, della camminata, così leggiadra da sembrare di scivolare come un fiore fra le acque del ruscello. Ma questo non sempre è assicurato: durante la fasciatura, si possono commettere errori, si può compromettere la salute della bambina (i piedi venivano fasciati nel periodo fra i sei e i dieci anni, a seconda della contea), con conseguenti infezioni e problemi nel camminare. Dopo tutte queste agonie, lo stesso le donne non potevano compiere lunghi viaggi senza che i loro piedi rovinati riprendessero a sanguinare copiosamente.

La citazione d’inizio paragrafo è ciò che la madre di Lily le ripeteva durante la fasciatura. Lily è speciale, ha dei piedi bellissimi, e i suoi gigli dorati saranno il suo prezzo per raggiungere un matrimonio fortunato con una buona famiglia, in modo da onorare i suoi genitori e elevarli dalla loro condizione di semplici contadini. Ed è anche, e forse soprattutto, per questa sua ricchezza di nascita, che le sarà permesso avere una “lao-tong”, una “old same”, una “vecchia se stessa”. Nel periodo importantissimo del “footbinding”, le giovani donne si riunivano per creare una congrega di amiche (“sorelle giurate”) che sarebbe rimasta insieme fino a che l’ultima di loro non si fosse sposata, spostandosi a un altro villaggio e comunque troppo impegnata con i doveri di moglie e nuora per poter pensare alle sue compagne. Ma c’era chi, come Lily e Snow Flower, aveva la possibilità di cominciare una relazione diversa… qualcosa di magico, di magnifico, un rapporto così stretto che neanche il matrimonio avrebbe potuto dividere. Una lao-tong è per sempre. “Tu e io siamo una coppia di anatre mandarine”, si scriveranno nel segreto linguaggio delle donne, il nu-shu. Le anatre mandarine, comuni nella cultura cinese, erano simbolo di fedeltà poiché, a differenza delle specie simili a loro, si sceglievano un partner a vita da cui non si sarebbero mai più separati.

Un altro tema ricorrente nel libro è il nu-shu. Una lingua segreta, di cui, nell’ingenuità delle donne di allora, gli uomini non dovevano saper nulla. Attraverso il nu-shu, si poteva comunicare in moltissimi modi. Le compagne di una neosposa scrivevano libri in cui ne declamavano le lodi, e tali lettere venivano lette nel terzo giorno dopo il matrimonio alle donne che abitavano già la casa del marito. I documenti in nu-shu raccolti da una donna venivano bruciati al suo funerale, per permettere che nell’aldilà la sua anima potesse leggerli. Era la lingua in cui si scrivevano e tramandavano le storie, e comparivano su stoffe, ventagli, ricamate sui tessuti; era la lingua dei canti che si facevano nei giorni di nascita, matrimonio e morte. Il nu-shu era, prima di tutto, la lingua delle lao-tong.

Per diventare lao-tong era necessario avere dei tratti in comune, come essere nate la stessa ora dello stesso giorno dello stesso mese dello stesso anno, avere condizioni familiari simili, la stessa altezza e la stessa forma di piedi, che devono essere stati fasciati per la prima volta nello stesso giorno, avere lo stesso numero di sorelle e fratelli, e molte altre caratteristiche. In breve, più cose le due lao-tong avrebbero avuto in comune, più il loro legame si sarebbe rivelato fruttifero.

 

Hair-Pinning Days

“Era tutto predestinato.

Ci trovavamo alla mercé di forze immani e non avevamo modo di sfuggire al destino.

Lo yin e lo yang possono spiegare la logica del mondo.

Esistono uomini e donne, luce e tenebre, gioia e dolore.

Questi elementi creano un equilibrio. […]

Non c’è vita senza morte.

Ecco il vero significato dello yin e dello yang.”

 

 

È la parte che più mi è piaciuta. I brani migliori del romanzo si concentrano tutti nei momenti più intimi di Lily e Snow Flower (altrimenti detta “Fiore di Neve”, per attenerci alla traduzione corretta). Gli “Hair-Pinning Days”, dedicati agli ultimi preparativi per il matrimonio, si aprono con il capitolo migliore, in cui avviene la scena da cui ho tratto la poesia d’apertura della recensione. In un paio di pagine – si tratta del capitolo più breve del romanzo – scopriamo cosa significa essere davvero lao-tong. È un amore così profondo, così intricato, che sfiora e si tuffa a seconda dei momenti in quella che potrebbe venir considerata passione omosessuale. Fra le due protagoniste scorre un flusso di confidenza e di amicizia che supera ogni ostacolo, ogni pudore.

Mentre sfogliavo le pagine, mi sono spesso soffermata a pensare come sarebbe, per me, avere una lao-tong. Quando comincio ad andare oltre il romanzo, a mischiare parti di esso nei miei desideri e a immergere me nelle ambientazioni narrate, significa che il mio affetto per la storia ha raggiunto un punto vitale. Il coinvolgimento emotivo è ciò su cui mi soffermo per primo intanto che rifletto sul voto da dare al libro appena concluso. Più la mia anima si riversa fra la carta e l’inchiostro, diventando tutt’uno con la poesia vergata su essa, più il voto sarà elevato.

Il rapporto con una lao-tong è basato sulla scrittura. Gran parte della vita delle due si basa su scambio di caratteri in nu-shu, eccettuati i casi in cui le donne si incontrano per le festività o per altre ricorrenze particolari. Ci sono stati momenti in cui ho desiderato fortemente di poter provare sulla mia pelle la carezza di una lao-tong che si addormentava al mio fianco, e sentire il mio cuore battere frattanto che lei incideva sul mio corpo, solo con la pressione delle dita, i segni segreti del nostro linguaggio. Poi mi sono fermata nelle mie fantasie, sono tornata un attimo indietro, nella realtà: io avevo una lao-tong. Non avevo bisogno di cercarne una, o di scandagliare fra le mie amicizie secondarie (abbastanza forti da essere mie “sorelle giurate”, ma lontane da diventare altro).

Forse un po’ tutti abbiamo una lao-tong. Alla fine, è quella che noi chiamiamo per eufemismo migliore amica o migliore amico. Qualcuno che in ogni caso sarà con te per sempre, qualsiasi cosa accada, qualsiasi distanza terrena arrivi a separarvi. La differenza fra l’amicizia forte intesa nella maniera occidentale e la tradizione cinese, è che in quest’ultima è chiaro e considerevole il patto di eternità che si instaura fra le due. Una relazione lao-tong può avvenire solo nel reame interno delle donne, poiché gli uomini sono destinati a vivere fra i campi, nel loro reame esterno… ma su questo, ormai, si può sorvolare. E, dopotutto, io amo il mio lao-tong.

Questi erano i pensieri che mi accompagnavano nella lettura. Lily e Snow Flower credono nel loro rapporto con così tanta fede da lasciarsi alle spalle le difficoltà del loro destino. Ho amato la maniera in cui il loro amore cresceva, mutava, assieme ai loro corpi e alla loro esistenza. Ed è per questo che, quando nello sviluppo della trama la verità si rivela come un drappo di seta non ricamata che si confonde fra tessuti preziosi, Lily ne resta così sconvolta da soffrirne. Il colpo di scena si poteva intendere da alcuni indizi sparsi, ma resta comunque una svolta immane.

Non voglio svelare molto del resto della trama. Ciò che voglio spiegare, in un modo o nell’altro, è che ogni singolo verso del romanzo è intessuto nell’ambiente in cui gli eventi si svolgono. La Cina del diciannovesimo secolo è una realtà così lontana dalla nostra da sembrare utopica e inafferrabile. In questo frammento del romanzo, le donne si preparano ad affrontare il loro matrimonio, imparando nuovi caratteri del nu-shu, perfezionandosi nelle arti della casa, tessendo giorno dopo giorno gli abiti e le stoffe che comporranno la loro dote. È un periodo di preparazione, di cambiamento, di stasi. Di attesa.

 

Rice-and-Salt Days

“Da bambina, obbedisci al padre;

una volta sposata, obbedisci al marito;

da vedova, obbedisci a tuo figlio. […]

Obbedisci, obbedisci, obbedisci, e poi fa’ ciò che vuoi.”

 

 

L’obbedienza è nel destino di ogni donna. Lily lo sa bene, gliel’ha insegnato sua madre: assieme alla facoltà di sopportare. Sopportare tutto, e non lamentarsi. In questo risiede la forza di una donna, che va ben oltre la potenza fisica di un uomo o le conoscenze. Uno dei temi principali, assieme all’amicizia, è il valore della figura femminile. Molti scrittori si sono soffermati su di essa, e spesso mi è tornato in mente un romanzo analogo che ripercorre circostanze simili, benché ambientate in un universo molto diverso. Sto parlando di “Mille Splendidi Soli” di Khaled Hosseini, che ho letto poco più di un paio di anni fa e che ho votato allo stesso modo di questo. Le differenze fra le due storie, ambientazione a parte, sono poche a dire il vero. Ritornando al mio coinvolgimento emotivo, ricordo che Mille Splendidi Soli portò le lacrime ai miei occhi, invece Snow Flower and The Secret Fan è stato in grado di condurmi in un lungo processo di riflessione quando, durante la notte, non riuscivo a prendere sonno e ripensavo alle ultime pagine lette. Ritengo in ogni caso che l’abilità di narratore di Hosseini faccia diventare il suo romanzo migliore sotto molti aspetti. Per cui, se vi è indifferente leggere di una storia ambientata in Cina o un’altra ambientata in Afghanistan, e tutto ciò che cercate è dell’intrattenimento a proposito di temi che riguardano le donne e il loro mondo, vi consiglio molto più quest’ultimo che non il romanzo della See.

Il titolo di questa parte si riferisce alla monotonia dei giorni di moglie, ma a dire il vero è il periodo più turbolento e ricco di eventi di tutto il romanzo. Nella cultura cinese (ne approfitto per sottolineare che si tratta di una tradizione risalente al diciannovesimo secolo, e che ad ora le cose sono cambiate: primo fra tutti, la fasciatura dei piedi non è più praticata, e il nu-shu è andato via via estinguendosi), è sempre esistita una divisione fra l’ambiente interno della casa, governato dalle donne, e l’esterno, proprio degli uomini. Lisa See effettua la distinzione fra “inner realm” e “outer realm”, “nei” e “wai”. Verso la fine, i due regni si fondono in uno, giacché la storia delle invasioni, del susseguirsi degli imperatori e le conseguenti rivolte costringono gli abitanti della zona alla fuga. È il capitolo del dolore, della speranza, con i personaggi che semplicemente attendono nelle difficoltà il passaggio dei ribelli, fino a quando ogni discrepanza non verrà risolta e loro potranno ritornare alle loro case.

Per ironia della sorte, quando le famiglie di Lily e Snow Flower scapperanno sulle montagne, le due si troveranno ad affrontare il viaggio insieme. Qui, molti aspetti del loro rapporto verranno rivelati, stringendo i legami che legano le due in maniera ancora più forte, tanto da non lasciare possibilità di respiro. È una parte pesante, piena di afflizioni e rammarico. Difficile da leggere, da accettare.

Al contempo, altri capitoli sono interamente dedicati alle gravidanze e ai figli. Ogni donna cinese dell’epoca, infatti, desidera poter avere almeno cinque figli, e più maschi possibili. Sono i figli maschi a generare il valore di una donna. Lily scrive: “Anche se le nostre famiglie d’origine ci vogliono bene, non siamo che un peso per loro. Ci sposiamo, ci trasferiamo presso un nuovo nucleo familiare, ci presentiamo a un marito che non conosciamo e non ci conosce, andiamo a letto con lui da perfette estranee e ci sottomettiamo ai capricci della suocera. Se abbiamo fortuna, generiamo figli maschi e ci assicuriamo un rango rispettabile. In caso contrario, dobbiamo affrontare il disprezzo della suocera, il dileggio delle concubine e l’aria delusa delle figlie.”

In queste pagine traevo poco piacere dalla lettura. D’altro canto, la mia curiosità e la mia compassione per il destino di queste donne aumentavano. Leggevo voracemente per sapere cos’altro sarebbe accaduto di così brutto nelle loro vite. Con la speranza di un lieto evento che rischiarasse il cielo e la loro tristezza.

 

Sitting Quietly

“Sto ancora imparando a conoscerlo, l’amore.

Credevo di averne compreso la natura. […]

Eppure, mi rendo conto di non aver dato il giusto valore

alla forma di affetto più importante:

quella che scaturisce dal profondo del cuore.”

 

 

Recentemente è stato redatto anche un film di Snow Flower and The Secret Fan, dall’omonimo titolo. A malincuore devo ammettere che non ho ancora trovato il modo di vederlo, sebbene avessi voglia di farlo prima di scrivere la recensione e possibilmente anche prima di leggere il romanzo. Però ho scritto queste pagine ascoltando la colonna sonora, suggestiva e fantastica, creata dalla maestria di Rachel Portman. Ho l’impressione che si rivelerà una pellicola stupenda, una volta che riuscirò ad apprezzarla con i miei stessi occhi e non soltanto con i brandelli dei trailer che girano su internet.

A proposito del romanzo, la trama segue linee semplici, è l’autobiografia di una donna cinese di quell’epoca e con sé non porta altro che lo stupore e la meraviglia della cultura in cui è vissuta. Leggendo, ho avuto l’impressione che non avesse molte ambizioni. Suonava più come uno sfogo, un racconto fine a se stesso. Si dice spesso che gli scrittori scrivano prima di tutto per loro, e ho sentito come Lisa See si fosse impersonata nella figura narrante di Lily. Fra le parole, fra i pensieri che si imbrogliavano con gli eventi richiamati alla memoria nel tentativo di risultare esaustivi per riferire una vita intera, si intravvede il desiderio della protagonista di perdonare se stessa per ciò che ha fatto e contemporaneamente non lasciare che le disgrazie prendano possesso anche del suo futuro nell’aldilà.

Si dice che non si debba mai sopravvivere ai propri figli. Questo è il dolore più insopportabile che impregna il libro. Ho sentito di questa espressione tante, troppe volte. Nei libri di Licia, con Sennar che parla a proposito di suo figlio, da molti altri autori, come Michelle Paver, in una puntata del telefilm “Army Wives”. Da qualcuno che conosco. Anche Lily ha dovuto passarci su, e non solo lei. Nel libro, più volte si legge l’espressione riferita dalla protagonista nei confronti del padre: “Ero come una perla nelle sue mani”.

L’anzianità di Lily è pervasa dai rimpianti. Non c’è un lieto fine, o qualcosa che te ne faccia sentire uno. Il romanzo finisce così, sfuma come una bacchetta d’incenso che ha finito il suo corso, o l’acqua del fiume che scorre via dai tuoi piedi immersi nel fango della riva. Dopo tutte le mie riflessioni, non so ancora bene cosa questa storia mi abbia lasciato: in quanto donna, ogni disgrazia letta si è battuta sulle mie spalle e mi ha fatto riflettere su tutto ciò che la mia vita – abbastanza breve, ma altrettanto intensa – mi ha fatto conoscere. Nella tristezza del mio passato, avrei voluto poter leggere di qualcosa di più fresco e positivo, che lavasse via il lacrimare delle memorie, invece di far confondere quelle di Lily con le mie in un unico flusso compassionevole.

Ma, a dispetto dello sconforto che causano le vicende narrate, la Cina, la sua storia, ne esce ancora una volta rivalutata. Nonostante le sue usanze non siano giustificabili, non riesco a non rimanere intrappolata nella sua rete di magia. Mentre Lily e le sue compagne tessevano, mi pareva di sentire la seta colorata fluttuare attorno alle mie dita. Mentre loro ricamavano, avevo la sensazione piacevole del filo che s’inframmezzava alle mie mani che percorrevano il tessuto. La dolcezza con cui queste scene vengono descritte è di uno splendore amabile, sono sprazzi di luce dalla delicatezza di un fiore di pesco.

Il ventaglio è un tradizionale ricordo dell’amicizia fra Giglio Bianco e Fiore di Neve, ma non è unicamente questo. Per me è diventato un simbolo di molte cose: non solo dell’amicizia lao-tong, ma di una nazione intera. È la fragilità e flessibilità delle donne cinesi, che hanno come dovere nella loro vita quello di accondiscendere a chi ha più potere di loro. Così come un ventaglio in mano di qualcuno, che oscilla per portar sollievo con i suoi refoli d’aria. La stessa oscillazione piacevole di un paio di gigli dorati che calpestano a passi leggeri l’impiantito di una casa. Con una teiera in mano e nel cuore una forza segreta e inimmaginabile.

 

Voto: 4 cappelli di zia

Copia di madhat[9]

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