Recensione: Il Dilemma dell’Onnivoro
Titolo: Il dilemma dell’onnivoro:
Autore: Michael Pollan
Prezzo: 13, 50
Casa Editrice: Giunti
Collana: Y
Genere: Saggistica
Trama: Da dove vengono i cibi che ingeriamo? Che cosa stiamo mangiando davvero? Michael Pollan decide di improvvisarsi «detective del cibo» per conoscere l'evoluzione e i segreti nascosti dietro quello che si mangia, dal seme al frutto, dalla storia del «cibo con una faccia» alla carne lavorata e anatomicamente irriconoscibile. Inizia così una ricerca che lo porta a conoscere varie realtà, dalla produzione industriale a quella dei produttori diretti. Fast food, supermercati, fabbriche, macelli e piccole fattorie diventeranno il terreno della sua instancabile marcia verso la consapevolezza. In questo viaggio pieno di scoperte ma anche di incertezze, Pollan dovrà affrontare molte esperienze che lo metteranno a dura prova, dovrà combattere e accettare compromessi, dovrà forzare la sua indole e imparare a cacciare e a uccidere per nutrirsi. Alla fine però ritroverà la strada di un rapporto diverso con madre natura e sarà in grado di scegliere come comprare, cucinare e mangiare. La sua ricerca si conclude con un menù a quattro portate dove finalmente quello che c'è nel piatto non è più un dilemma ma la storia appena raccontata.
* * *
Ritorniamo. Forse. Dopo tanto tempo. E stavolta ho voce io; Dambo ha aggiustato il microfono, quindi siamo restati per un bel po’ sottotono. Ma non ci arrendiamo, non lo faremo mai. Il Trio dei Matti è un duo, un trio senza tre non è un trio, ma a Wonderland fa lo stesso. È come trovare cosa c’è in comune tra un corvo e una scrivania.
Ho finito questo libro da poco. La Giunti Y m’aveva fatto la cortesia d’inviarmelo, entrando a far parte del team Ambassador, per esportare le loro pubblicazioni sul blog. Il libro in questione è Il Dilemma dell’Onnivoro. Non è un romanzo, ma un saggio, benché narrato con forza e ironia, tracciando linee ritte su una tovaglia invisibile per costruire il nostro piatto. Perfetto. Esiste il piatto perfetto?
Non avevo letto saggi prima d’ora. Non pensavo mi sarebbe mai successo, ma c’è sempre una prima volta per cominciare, e devo dire di non essere scontento di ciò. È stato un’avventura altalenante, in cui il pensiero faceva correre le righe per mangiarle ad una ad una. Non mi sottraggo a dire che lo stile poteva essere più secco in alcuni punti, più di quanto già non sia. Ho avuto l’impressione che talvolta venisse allargato per cospargere più parole sullo stesso punto.
Non posso certo parlare di tecniche stilistiche: infondump, scritto, raccontato, descritto. Se fosse un romanzo le avrei potute applicare, ma non è così. Lo stile è fluido, chiaro, con attacchi di capitoli favoleggianti che piombano poi drastici nel dettaglio delle spiegazioni. È un linguaggio poco tecnico, più comprensibile al pubblico YA cui è rivolto. In alcuni punti scade nel prolisso, ma poi si riprende.
All’interno, inoltre, sono presenti delle illustrazioni – e qui bisogna fare degli applausi alla Giunti – che chiariscono alcuni aspetti dell’argomento, approfondendo con aneddoti storici e varie curiosità.
L’argomento trattato è il cibo. Quello americano. Quello del fast-food, quello biologico (che poi, parlandoci chiaro, tanto biologico non è), di quello sostenibile locale, per completare con quello fai da te. Ah, quasi dimenticavo. Il mais. Mais.
Se questo libro ha un protagonista, sebbene possa scendere in alcuni punti più a fondo, questo è il mais, che simboleggia il cancro di tutto ciò che mangiamo. Lo avreste mai detto che fosse così importante? Io no.
Basti pensare che qualsiasi cosa che compriamo contiene una particella di mais. Che si annidi nel cibo stesso o nella confezione, non importa. Perché sì, è così. Anche la carne è un prodotto di mais.
Le mucche ai tempi pascolavano tra gli alti fasci d’erba. Ora non più. C’è il mais che ricompensa ogni cosa, imbottendo le mucche come sadici animali e le fanno ingrassare, ingrassare, ingrassare… fino alla fuggevole ascesa al mattatoio. Dura poco, la vita di una mucca.
Sostanzialmente, la carne che mangiamo proviene da un bovino nutrito da mais. A sua volta, fondamentalmente, è mais pure lui.
È un lui che ti fa insinuare il dubbio, radicato sulla schiena, fili spinati che incidono le carni del pensiero. Sapevate, nelle crocchette del caro amato McDonalds (beh, oltre che per la loro doratura di mais, per la pastella, la farina), per far rimanere fresca l’aspetto è aggiunto un additivo di petrolio. Una minima parte, perché di più sarebbe letale per la gente.
E le patatine, quelle nei sacchetti, così carine, dapprima porzioni ridotte ora ricolme allo stesso prezzo per la gioia dei compratori, sono trattate al momento della coltivazione con un pesticida chimico che uccide ogni microbo, dal quale l’uomo si deve tenere alla larga per settimane.
L’argomento del cibo è qualcosa di delicato, difficile da maneggiare, un calice di vetro tra le dita di un obeso. Si ha la paura che esso possa frangersi alla minima presa in più. E l’America, grande paese l’America, dove il melting pot ha creato gli americani, è ove cresce il maggior numero di adolescenti sovrappeso. E dove non vi è più il metodico rito del pasto in famiglia.
Si pranza in macchina, se si è fortunati si ci può incontrare a casa. Forse, ci si riesce a beccare per cinque minuti uno davanti all’altro, a condividere lo stesso tavolo, in tempi diversi, ma mai con lo stesso piatto. E così, mentre gli americani crescono, l’alternativa possibile pare il cibo biologico.
E se non fosse così?
E se, per raddoppiare la vendita, l’aggiunta di pesticidi chimici serva?
E se…
I se, che crescono come serpi lacustri in questo libro, invadono le pagine e s’intrecciano tra le righe per comporre un mosaico di silenzio e sgomento. Dove si sobbalza ad ogni minima scoperta e si ha voglia di andare avanti. Dove la narrazione offre ciò che vuoi e procede senza intoppi fino alla fine.
Ma qual è la verità? Ce ne sono tante, forse una, due. Una di più. Lascio che siate voi ad inseguirla tra le pagine alate di questo saggio, tra i piatti sulle tavole e quelli sopra il sedile, tra lo stridio di una cintura di sicurezza, un clacson e una sterzata brusca. La gomma che striscia sull’asfalto.
Lo consiglio a chi piace questo genere di libri, a chi ha pazienza e ha voglia di scoprire. E a chi, semplicemente, piace leggere. Ne vale la pena.
4/5 code di stregatto.
Alla prossima!
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